Pur di non scrivere di basket, oggi mi do al golf. Che ha pochi simpatizzanti e meno lettori ancora. Ma la pallacanestro è diventata in Italia di una noia ma di una noia così mortale, soprattutto con Giannino Petrucci come boss e il suo totale disinteresse per il campionato del ciapa no, che posso anche lasciarla perdere per qualche giorno che tanto non si suiciderà nessuno. Mi ha incuriosito un corsivo di ieri sulla Gazzetta di Stefano Cazzetta che, a parte il bisticcio di parole, è dei quattro vice direttori del quotidiano sportivo milanese indiscutibilmente il migliore per almeno tre buone ragioni. 1. è un amico col quale un tempo ho spesso giocato sui fairway e i green di mezza Italia. 2. non se la tira e non imbroglia come la gran parte dei pennivendoli associati. 3. forse perché degli altri tre vice di Andrea Monti uno lo conosco poco, l’altro è dal Tour de France del dopatissimo Riis che non lo incontro, mentre il terzo è il Conte Zapelloni Mazzanti Viendalmare che, se anche vedesse Petrucci nudo come un verme, scriverebbe che è impeccabilmente vestito di tutto punto. Ovviamente non scherzo, ma non per questo voglio farmi andare di traverso la digestione. Quindi torno a girare intorno a questa benedetta pallina butterata che, se solo andasse dal dermatologo, magari non sarebbe quotidianamente mandata a quel paese dalla maggior parte degli abitanti del pianeta golf. Stefano Cazzetta è per la verità anche lui un intertriste. Peccato, nessuno però nasce senza difetti. Come Franco Chimenti che è stato nel 1986 per sei mesi presidente della Lazio dopo Giorgio Chinaglia e che, soprattutto, nel 2009 ha perso il duello con Petrucci per la poltrona del Coni sulla quale Giannino si è seduto per l’ultimo mandato prima di tornare a fare disastri nella nostra pallacanestro. Checchè ne dica il Conte Zapelloni Mazzanti Viendalmare che purtroppo cura in Gazzetta l’orticello del basket e lo vuole proprio avvelenare se tutti i giorni lo innaffia con soluzioni acquose di Canfora (C10H16O). E ridagliela: il dente batte sempre dove il dente duole e comunque per raggiungere la stanza (rosa) dei bottoni a Stefano non sarebbe bastato d’essere bravo e preparato: doveva assolutamente anche tifare per la Beneamata a strisce nere e azzurre. Franco Chimenti ha dovuto invece portare la Ryder Cup a Roma per farsi da me perdonare quella sconfitta con Petrucci. In verità, scherzi a parte, conquistare l’organizzazione della Ryder del 2022 nella capitale è stata una di quelle imprese che definire titaniche è ancora poco. Difatti, quando due anni e mezzo fa cominciò a circolare soltanto la voce di questa pazzesca ipotesi, a Giannino e agli altri suoi compagni di merende venne da ridere. E già che ci sei, dissero al presidente della Federgolf, perché non costruisci anche un bel villaggio-vacanza di igloo in Sicilia per l’estate? Dunque se ora applaudo al Chimenti preside della facoltà di farmacologia alla Sapienza non penso di passare per un ruffiano. Anche se, come ha scritto per l’appunto Stefano Cazzetta, il bello viene (e comincia) adesso. “In ballo c’è infatti il futuro di uno sport che in Italia stenta a decollare”. E più ancora l’arrivo di una popolarità che bisognerà però poi mettere a frutto. Dal momento che “tanti circoli lamentano un calo di soci, ma continuano a tenere le loro porte ermeticamente chiuse”. Bravo Stefano, queste sono le cose che anch’io vado dicendo da tempo, però purtroppo nessuno mi ha mai dato retta. E così mi sono preso anche della Cassandra. Santa pazienza, ma ora provaci tu: magari anche ti ascoltano. Hai un megafono molto più grande del mio piccolo blog e quindi non è detto che pure la tua battaglia sia persa in partenza. Anche se resto convinto che il golf non sia fatto per gli italiani. E non parlo solo dei golfisti che si portano l’acqua minerale e la banana da casa per risparmiare e poi spendono una fortuna per comprare un driver che al massimo allungherà i loro colpi dal tee di una dozzina di centimetri. Ma anche dei campioni di golf che vivono nella bambagia e che, dopo Costantino Rocca, poche storie, non sono più nati in Italia. Si è sperato in Matteo Manassero e il ragazzo di Negrar, vicino a Verona, non passa un taglio da oltre un anno o quasi, però non bisogna ricordarglielo perché altrimenti prende paura. Adesso siamo nelle mani di Renatino Paratore che oggi in Qatar ha chiuso il Masters nel deserto al 29esimo posto, dieci colpi più del vincitore, il sudafricano Branden Grace, ma nessuno in quattro giorni di diretta Sky l’ha visto neanche con il binocolo tanto era sempre lontano dai migliori. Insomma non ci resta che Francesco Molinari dopo che il fratello Dodo è anche lui sparito. Ma purtroppo Chicco è troppo un bravo ragazzo e non diventerà mai un personaggio. In più è intertriste e anche per questo sorride solo di rado. Insomma ho sul serio paura che neanche la Ryder a Roma riuscirà a scuotere il golf del Belpaese dal torpore nel quale è caduto e non se ne è nemmeno accorto. Soprattutto se tra sei anni al Marco Simone nessun italiano, continuando di questo passo, scenderà in campo per l’Europa contro gli Stati Uniti d’America.