Ora non so se Matteo Salvini sia ancora in vacanza a Pinzolo. E, se devo essere proprio sincero, non è che me ne possa importare di meno. Anche se magari mi sbaglio perché quel tacchino irresponsabile e gonfio di boria mi dovrebbe invece far paura ricordandomi terribilmente qualcun altro. Forse anche Benito Mussolini. E non esagero nemmeno un goccio. In verità questo è solo un pretesto vigliacco per parlare della nostra pallacanestro. Della qual cosa non ne avrei la minima voglia. Perché con lei sono molto arrabbiato. E chi mi conosce l’ha capito da un pezzo. Salvini in bicicletta senza mollare un attimo l’Iphone. Salvini a pesca di trote nel tranquillo laghetto trentino. Salvini in verde, ma lo vedrei meglio in camicia nera. Salvini tra le Dolomiti del Brenta. Salvini gulasch e birra (nella foto, ndr). Salvini salsiccia e polenta. Salvini spezzatino di cervo con funghi. Salvini senza morosa al seguito: la bella Isoardi è difatti impegnata sui fornelli a preparare negli studi Rai di Milano la Prova del Cuoco che inizierà il 10 settembre. Quando subito capiremo se sarà più brava della Mole Antonelliana a non bruciare ogni volta lo stufato. E comunque, al posto del leader del Carroccio, io la terrei molto più sott’occhio. Soprattutto ricordando la scappatella della sua Elisa nella scorsa estate a Ibiza con un intraprendente avvocato romano. Da sabato a Pinzolo è in raduno pure la nazionale di basket e chissà se il nervosissimo Matteo, dopo aver saputo d’essere stato giustamente indagato anche per sequestro di persona, avrà fatto un salto al palasport di Carisolo per vedere gli azzurri di Sacchetti che si allenavano. Magari poco ma bene. Come malignano i colleghi di MaraMeo quando Virginio San Bernardi, il suo agente sin troppo protettivo, non li sente. Però Salvini mercoledì al Corriere ne ha dette anche di peggio sul conto di Roberto Fico. Tirando in ballo la sfiga. Il che non è mai proprio carino. “Tu fai il presidente della Camera, io il ministro. Sei pagato per questo. Ma forse non è un incarico fortunato: Bertinotti, Fini, Boldrini”. Pensierino del giorno che un amico mi ha di recente regalato: essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male. In particolare a Bormio. Qui infatti è venuta in ritiro la Juve dal 2006 per cinque estati di fila e la prima sarà stato anche un caso ma è finita addirittura in serie B. Con Del Piero e Nedved che giocavano a golf nel divertente nove buche della Val Rendena che gira intorno alla chiesetta. Poi, nel 2011, è arrivata l’Inter che da quell’anno non ha più vinto niente sino a tutt’oggi o, se volete, anche a ieri: incredibile 2-2 in casa con il Torino. Mentre nel frattempo la Juventus ha conquistato sette scudetti consecutivi. Non mi affretto a toccar ferro, per carità di Dio, ma lasciatemi almeno chiedere a Giannino Petrucci se è conoscenza di questa malignità popolare. Credo proprio di sì. Dal momento che l’accordo tra il Trentino e la Federazione prevede questo raduno degli azzurri a Pinzolo sino al 5 settembre e un altro paio nelle due prossime estati. Cioè quelli che precederanno i Mondiali in Cina a 32 squadre del 2019 (31 agosto-15 settembre) e il torneo olimpico di Tokyo del 2020 (24 luglio-9 agosto). Sempre che l’Italia almeno in Cina ci vada. Con o senza Belinelli e Gallinari. Che però non è proprio la stessa cosa. O vogliamo prenderci in giro? E comunque assolutamente non penso che il presidentissimo federale voglia rinunciare a nessuno dei due Nba. Senza i quali capiamoci: non andremmo da nessuna parte e, anzi, rischieremmo di fare un’ennesima figuraccia. Dalla quale è inutile che ci giriamo intorno: stavolta Petrucci potrà uscirne soltanto con le dimissioni. Che sinceramente non mi auguro che debba dare perché a Giannino, anche se non mi credete, sono molto affezionato e non lo cambierei con nessun altro al mondo. Tanto più che all’orizzonte non vedo nessuno che possa essere il suo successore a palazzo. Dovremmo inventarcelo, ma è soprattutto la fantasia che più ci manca in questi tempi di vacche magre. E dunque sarà il caso che anche Sacchetti si ammorbidisca in fretta smettendola di dividere ogni volta gli azzurri in buoni e cattivi o in figli e figliastri. Creando conflittualità tra gli uni e gli altri. Questo non fece a Sassari. Chiudendo un occhio su Dyson, Sanders e Sosa che pure alzavano spesso e volentieri il gomito e vedevano l’alba. E così vinse il triplete. Come l’Inter prima che andasse in ritiro a Pinzolo e tre gatti (bianchi e) neri le attraversassero la strada.