Non ho molti amici nel mondo del giornalismo: esagerando, al massimo una decina. E non vi è difficile capire il perché. Parlo d’amici veri e non di quelli acquisiti su Facebook. La maggior parte dei quali, al contrario, faccio fatica a sopportarli quando neanche leggono le stupidaggini che scrivo su www.claudiopea.it, però non rinunciano a soffocarmi con le loro e allora mi verrebbe sola voglia di strozzarli. Ebbene un caro amico di Napoli, al quale oggi ho mandato canestri d’auguri per gli anni che ha compiuto ieri, sempre 30 meno dei miei, mi ha domandato, conoscendo molto bene le mie abitudini e rispettando i miei principi, sbagliati o giusti che siano, se per caso avevo visto nel primo pomeriggio Germania-Giappone in tivù.
No, e non ho neanche registrato la partita, gli ho risposto stizzito, e ovviamente scherzando, per almeno un paio di ragioni: 1. perché di questi Mondiali qatarioti o idioti, chiamali come vuoi, sotto Natale e senza gli azzurri, trasmessi dalla Rai nel deserto tra i cammelli e gli emiri, sperperando un sacco e una sporta di soldi pubblici, ne faccio molto ma molto volentieri a meno; 2. perché quando ho poi saputo che la telecronaca del match sarebbe stata di Stefano Bizzotto, che avrei visto meglio come parroco della parrocchia di Bolzano dei Cagnotto padre e figlia, e il commento (diciamo tecnico) di Lele Adani, il contadino di Correggio che gioca a fare il lord in doppio petto nerazzurro a strisce, a maggior ragione ho preferito seguire la puntata del Paradiso delle Signore e vedere se finalmente Vittorio Conti, sconvolto per l’uccisione di John Fitzgerald Kennedy, confesserà il suo amore per la bella Matilde alla quale per la verità dà ancora del lei ed è sposata come del resto lui. E siamo nel 1963! Però adesso, già che ci sei, non tenermi più sulle spine e dimmi: chi ha vinto? “2-1 il Giappone e meritatamente. Proprio come ieri in Arabia Saudita-Argentina”. Non ci posso credere. E un po’ anche me ne dispiace essendo di sangue, e tu lo sai, tedesco da parte di nonna, la madre di mia mamma che è nata a Karlsruhe von Baden Baden proprio come Vincenzo Italiano, l’allenatore della Fiorentina che sarà anche bravo ma che non riesco proprio a sopportare. Però in fondo sono contento anche per i giapponesi ai quali un po’ assomiglio e in particolare a quelli che sono sempre in guerra con il mondo e non hanno alcuna intenzione d’arrendersi. “Come me e te”. E per questo, caro Luca Cirillo, sei un mio amico.
In tutta sincerità oggi non avrei voluto scrivere sul blog e nemmeno sui muri della città. E non ditemi che sono il solito pigrone dal momento che non so se ci avete fatto caso, ma nelle ultime tre settimane ho buttato giù ben dieci articoli, che io preferisco chiamare pezzi, e nemmeno lunghi una cartella, come avevo promesso, ma quasi il doppio. E mi ero programmato tutto il pomeriggio dopo la palestra del mattino e la pennichella dopo pranzo per potermi beatamente tuffare poi nella lettura dei giornali che non sfoglio da lunedì, e difatti non so ancora cosa hanno fatto domenica l’Armani e la Segafredo in campionato, e per saltare con il telecomando da una registrazione all’altra. Difatti stavo guardando “Accordi e disaccordi”, l’unico talk-show che seguo ogni venerdì condividendo in pieno le pagelle dell’amico Andrea Scanzi che non sento per la verità da un bel pezzo. Mentre avevo già visto dieci minuti del “Circolo dei Mondiali” (nella foto) di ieri e mi erano bastati per bocciare di sana pianta lo speciale nel quale Sara Simeoni e Yuri Chechi sono due pesci fuor d’acqua che di calcio per loro fortuna non sanno un bel niente. Come mi dicono l’abbia stroncato anche Aldo Grasso sul Corriere di oggi: “Troppe battute e poca profondità”.
Ma quale profondità possono, potevano e potranno mai offrirti Cassano, Ventola e Vieri preso per il cesto anche da Antonio Dipollina (chapeau per il libro di basket!) in un pallino della sua rubrica Schermaglie Mondiali? “Alessandra De Stefano: Bobo, quale partita ti è piaciuta di più oggi? Bobo Vieri: Non ne ho visto nemmeno una. Avevo mille altre cose da fare”. Bene, bravo, 7+. E ancora: “De Stefano: Scusate, intanto diamo la buonanotte ad Adani in Qatar, così risparmiamo sul collegamento”. Devo ridere? Piuttosto mi vien da piangere dando il mio voto anche alla macedonia offerta da Raiuno in seconda serata che, fosse per me, avrei già buttato nella pattumiera e finisco qui: dal 3 al 4 e solo perché il direttore di Raisport (3 e mezzo) era poveretta senza voce e non si capiva bene cosa domandasse ai suoi graditissimi ospiti, Eraldo Pecci (8) e Gian Marco Pozzecco (7), che hanno notevolmente alzato il livello della puntata. E non scherzo.
Post scriptum: lo so, vi sareste aspettati adesso che mi occupassi del Messi(n)a, ma lo farò domani, o dopo, per cento e più di cento buone ragioni. Tra le quali ora vi elenco solo le principali. 1. Non ho ancora visto la partita di Milano contro l’Efes del grande Ateman che mi sono però registrato avendo preferito sentire il commento di Paperoga Crespi su Reyer-Lietkabelis che è stato un altro mezzo disastro di partita che però almeno Walter De Raffaele ha alla fin fine vinto 74-71 grazie ai 19 punti di Mitchell Watt che il Gazzettino aveva dato per cotto. 2. Perché non sparo sulla croce rossa anche se sono anni annorum che vado ripetendo che il Trinacriciuto di Catania non è più il miglior allenatore della faccia della Terra e nemmeno d’Europa o d’Italia. 3. Perché eccezionalmente voglio sentire prima cosa vi ha raccontato Ciccioblack Tranquillo sulla quarta clamorosa sconfitta consecutiva dell’Armani al Forum in EuroLega che mi dicono sia stata anche pesantissima come non ci si ricordava da lustri. 4. Non mi voglio perdere l’arrampicata di Ciccioblack sugli specchi di Sky per salvare il dio di Giannino Petrucci nonostante il mio professore me l’avesse proibito, ma oggi ho preso mezza bottiglietta di cortisone e sono vaccinato a queste commedie oltre che già cinque volte al Covid.
5. Non ci credo nemmeno se lo vedo che Ettore se ne va via da Milano e rinuncia a due anni di contratto, cioè a qualcosa come quattro-cinque milioni di dollari. 6. Perché sarà anche tutto quel volete, prepotente e sgarbato, indisponente e collerico, ma non è mica matto. 7. Perché prima voglio leggere domani le difese d’ufficio a Messi(n)a di tutti i giornali prezzolati d’Italia e poi eventualmente dire la mia ricordandovi che, dopo il suo fallimento come cittì della nazionale di Gallinari, Belinelli e Bargnani al preolimpico di Torino 2016, scrissi tre anni dopo che non l’avrei mai voluto all’Armani né come allenatore né men che meno come presidente. E io sì che venni preso per pazzo da legare. 8. Domani sera comunque se Melli e compagni aggiusteranno la mira e non gli giocheranno contro, perché stufi delle sue intemperanze verbali e delle sue brutte facce, come mi era sembrato d’intendere e di vedere, l’Armani di sicuro batterà il Fenerbahce finalmente in casa e tutto finirà in una bella bolla di sapone e a tarallucci e vino. Meglio. Così non tornerò più sull’argomento sino a dopo San Silvestro e domenica andrò seraficamente a vedermi Ettore al Palaverde di Treviso sulla panchina di un’Olimpia che sicuramente vincerà lo scudetto della terza stella e sarà tutto merito suo e non dei quatro soldini di Giorgio Armani. Magari con qualche altro aiutino dagli arbitri di Citofonare LaMonica.