Tempo da lupi e nessuno che mi dà un bastone per cacciarli. Così ho deciso che oggi non mi faccio neanche la barba e nemmeno metto il naso(ne) fuori di casa. Neanche per andare al Taliercio. Dove sta giocando in EuroCup la Reyer di Walter De Raffaele, furibondo per l’incredibile passo falso di Varese, contro gli sconosciuti lituani del Lietkabelis che non ridete ma sono secondi nel loro campionato alle spalle dello Zalgiris che venerdì ha messo in ginocchio l’Armani accentuando la crisi di Milano milionaria in EuroLega. Mi vedrò comunque la partita in televisione avendo già provveduto a registrarmela su Sky Sport Arena. Dove non corro il rischio di dover togliere l’audio per non sentir strillare come un ossesso Ciccioblack Tranquillo che non scende mai dal suo piedistallo dorato e non è solo il più antipatico che ci sia, come canterebbe Giorgio Gaber, ma soprattutto è stato la rovina del nostro basket sin dall’inizio di questo secolo. Quando insieme al suo compagno di banco, Andrea Bassani, entrò nella LegaBasket dell’Alfredo Alfredo SuperCazzola (con scappellamento a destra) in cui Iena ridens ricoprì il ruolo di direttore generale per una decina di mesi (sin troppi) senza portare nemmeno uno straccio d’idea o una lira bucata di sponsorizzazione.
Ecco, ho trovato finalmente l’escamotage per spiegare a molti giovani aficionandos che da tempo mi avevano chiesto chi mai fosse questo Bassani che ancora aspira a tornare in Lega dalla porta principale dopo aver diviso per anni con Fantozzi la scrivania nel sottoscala dell’EuroLega o dell’EuroCup di Jordi Bertomeu. Al quale è succeduto il buon Dejan Bodiroga che farebbe carte false per scaricare il vicepresidente della Banda Osiris a Umberto Gandini del quale Bassani, alias Iena ridens, si finge amico come lo è di Pallino Sardara e di Fernando SottoMarino. Oltre che di Danielone Dallera e del Trinacriciuto di Catania che la scorsa primavera lo voleva addirittura sistemare al posto di Gandini e per questo è stato l’unico presidente delle sedici società di serie A a votare contro il rinnovo della presidenza in Lega dell’ex dirigente del Milan per altri tre anni. Non è vero invece che Luca Baraldi si è schierato al fianco di Messi(n)a in questo dissenso contro Gandini come sostiene pro domo sua Giannino Petrucci. Uno perché è impensabile che il braccio destro di Massimo Zanetti possa essere al fianco del loro peggior nemico in qual si voglia iniziativa. Due perché è da quasi un anno che Baraldi s’astiene dal voto in ogni assemblea di Lega. Cioè da quando ha capito d’essere una voce fuori dal coro e l’unico che s’oppone spesso e volentieri, come del resto il vostro scriba, ai diktat dei capibranco. I quali per esempio hanno approvato di nuovo un bilancio nel quale c’è sempre qualche bel soldino per quelli della Banda Osiris e il giemme della Segafredo giustamente non ne capisce il motivo domandandosi: “Per far cosa?”. Anche niente, mi viene da rispondergli in totale buona fede. Fidatevi.
Un tempo da lupi, dicevo. E difatti, entrando nello spogliatoio del Forum, dove stasera l’Armani affronterà i bicampioni dell’Efes di Ergin Ataman pure loro in crisi con lo stesso numero di vittorie (3) e di sconfitte (5) delle scarpette rosse, a Ettore Messi(n)a è scappato d’esclamare: “Fuori piove che Io la mando”. Che si sia per caso montato la testa? Ma no. Anzi. Non l’ho mai visto tanto schiscio come negli ultimi giorni. E’ che, sentendo il presidente federale affermare sul palco di Trento che “solo la salvezza dell’anima non dipende da Messina”, uno alla fin fin anche ci crede d’essere diventato un semidio sulla Terra. Ora magari quella di Giannino Petrucci è stata solamente una battutaccia. D’accordo, ma ne ha sparate negli ultimi tempi di così grosse che se non vuole dar retta a me, che gli sono amico da vecchia data ma non mi legge sul blog, o almeno questo è quel che spiffera in giro, si rilegga almeno l’articolo che gli ha scritto la miglior firma sopravvissuta della nostra pallacanestro, Walterino Fuochi, sulla Repubblica di Bologna del 4 novembre in merito alla mancata convocazione di Nicolò Melli in nazionale. E ne faccia tesoro. “Vivremo (lo stesso) a lungo felici e contenti, e pazienza se c’era stato raccontato che “è diritto e dovere di Pozzecco chiamare i migliori. Non ci sono né giustificazioni, né eccezioni”, come scolpì un Petrucci tonante e minaccioso di squalifiche a una Gazzetta d’altri tempi, 12 ottobre, prima di passare alle scomuniche di club ostili (Virtus, ndr), eppur sempre membri della sua federazione. Nessuna sorpresa, però, neppure qui: così va da un po’, nella fattoria del basket italiano, fra animali più uguali e meno uguali”.
E qui per chiudere, e non allungare come al solito troppo il brodo, dovrei anche parlarvi di due news piccine piccine che ho dato su Facebook e hanno fatto più rumore, facendomi pareccho incazzare, delle complesse articolesse sul mio blog: i 600.000 euro lordi di compenso per ogni anno del Poz in nazionale e il passaggio di Matteo Imbrò da Verona, dove non s’era trovato bene con Alessandro Ramagli, a Scafati, dove ad Artiglio Caja non è sembrato vero di poterlo prendere. Però come posso tacere di Cristiano Ronaldo che ha rescisso il contratto col Manchester United o dell’Argentina di Messi, Lautaro e Di Maria che stamattina è stata sculacciata dall’Arabia Saudita e da due splendidi gol di Alshehri e Aldawsari? Non mi crederete, ma la bomba del secolo l’ho appresa a cena guardando Blog e non prima perché ero stato di parola: boicotto questi insulsi Mondiali del Qatar per mille buone ragioni e non li guardo sulla megalomane Rai nemmeno se mi pagano. E invece sono andato proprio a vedermi le facce a fine partita di Vomitino (nella foto) che Bombolone Condò aveva un giorno accostato a Maradona (ma si può?) e del Fideo col quale la Juventus avrebbe già dovuto non avere più un qualsiasi rapporto. E ho provato, lo confesso, un sottile piacere. Scoppiando a ridere. Mentre il re Salman ha deciso che domani in tutta l’Arabia Saudita sia festa nazionale. Evviva!