Potrei davvero chiamarlo Prozzecco come mi ha suggerito un caro ex arbitro di Venezia in omaggio a quel vino bianco, gentile e doc che nel mondo si beve più dello champagne e che anche Plinio decantò nella sua Naturalis historia. Tanto più che Prosecco è un quartiere del comune di Trieste che Gianmarco magari ha frequentato da ragazzino. Quando era ancora conosciuto come il figlio di Franco, un due metri che faceva canestro da tre punti, in quegli anni nei quali non esisteva ancora il tiro dall’arco, come gli aveva insegnato il Paron Zorzi che l’aveva fatto esordire in serie A a Gorizia. Ordunque, che è una congiunzione di cui mi sono innamorato e che ultimamente vado usando come il prezzemolo, il nostro Prozzecco è un tesoro di mulo quando le cose gli girano bene. E allora abbraccia tutti con un affetto persino esagerato: giovani e vecchi, donne e bambini, persino gli arbitri come ieri sera al Seradimigni dopo aver vinto l’ultima partita. L’ultima? Sì, certo, cioè la sesta di questa serie scudetto. Perché domani? Ho ancora una notte per pensarci e per rispondere. Anche i sardi sono molto bravi ed educati, però se non stai dalla loro parte ti insultano e ti vorrebbero strozzare. Tanto che la Lega ha tenuto nascosta la coppa dei campioni d’Italia in uno sgabuzzino con due piantoni davanti alla porta: lo zio Fester (Marco Aloi) e la sua ombra (Francesco Riccò) che, se ha qualcosa da dirmi, non me lo dica alle spalle. Ricordo invece che due anni fa, sempre in gara 6, la coppa fu esposta in bella vista prima del duello tra Trento e Venezia, ma i trentini sono gente d’altra pasta che, dopo averle prese e date, magari più date che prese, permisero alla Reyer che facesse comunque festa sul parquet. Con Ariel Filloy a cavalcioni sul canestro che tagliava la retina. Ho anche la foto di Pozzecco che butta le braccia al collo di Luca Weidmann, lui sì all’ultima partita ieri della carriera. Per la verità il fischietto molisano avrebbe voluto sottrarsi all’abbraccio, ma l’impresa gli è stata impossibile. Quasi più che affibbiargli il secondo sacrosanto tecnico. Come invece non succederà domani sera. E non tanto perché il designatore Marco Giansanti per la bella delle belle non poteva sceglier meglio: Carmelo Paternicò, Michele Rossi e Roberto Begnis. Quanto perché non ha quota presso nessuna agenzia di scommesse l’espulsione domani sera dell’allenatore del Banco di Sardara che darà fuori di matto dal salto della palla a due sino a quando non gli diranno: prego, di te ne abbiamo già abbastanza. A Venezia lo spritz, che qui è nato durante la dominazione austro-ungarica, si fa con il prosecco più che col vino bianco. E quindi, visto che l’ho chiamato Prozzecco, da oggi il Poz non è più uno showman al quale si deve perdonare tutto, come sostiene Valerio Bianchini, ma uno spritzman che, quando perde le staffe e non ha altre difese, diventa sgradevole come lo champagne dimenticato in frigo senza tappo. E allora non abbraccia più nessuno, offende e si lamenta dei fischietti, batte i pugni sul tavolo e piagnucola. E se la prende anche coi giornalisti che lo lasciano gridare. Perché se a me urla di tacere perché non ho giocato nessuna finale e ho una cultura dello sport che fa schifo, gli domando se ha passato l’esame di terza media a Trieste o se si è fermato alla quinta elementare. Il bello è che la passa sempre liscia. Come è successo martedì dopo che ha mandato in culo la Reyer, e in particolare De Raffaele, e l’Italia del basket per intero. Dalla quale se ne può comunque andare anche dopodomani se gli è tanto indigesta: c’è un villaggio vacanze a Formentera che per esempio ha bisogno di un animatore. E nessun provvedimento nei suoi confronti è stato preso dalla Federazione di Giannino Petrucci e men che meno da Stefano Tedeschi che è il commissario degli arbitri. Robe da non credere. Soltanto Vincenzo Di Schiavi sulla Gazzetta gli ha tirato le orecchie come meritava. Mentre Ray-ban non l’ha proprio badato. Salvo ieri notte con ironia ammettere che a Sassari sono stati tutti molto corretti soprattutto con Federico Casarin. Mentre Pozzecco è stato davvero bravo a resuscitare i morti dal caldo e a rimettere in piedi i feriti come Stefano Gentile.