Gabriele Romagnoli mi ha convinto una volta per tutte: non sono un gran rompicoglioni e nemmeno un brutto bastardo, come molti dicono e non posso neanche dare a loro torto, ma un eterno e inguaribile Don Chisciotte in groppa ad un ronzino e a un blog. Con tanti timidi Sancho Panza al fianco e centinaia di mulini a vento da combattere. I più ignorantotti dei quali magari pensano che Romagnoli sia il ventunenne difensore del Milan, che di nome per la verità fa Alessio, o il meno famoso Simone che gioca comunque in serie A nel Carpi. Carletto Ancelotti vorrebbe portare con sé Alessio la prossima estate al Bayern di Monaco, ma se Silvio Berlusconi dà via anche l’unico buon cavallino che ha nella stalla, poi non s’arrabbi se gli ultras rossoneri gli corrono dietro per tirargli il collo. Gabriele è invece una delle mie firme preferite di Repubblica che ogni tanto scrive anche di calcio ed è tifoso dichiarato del Bologna e della Fortitudo. Un anno e mezzo fa ha sposato negli Stati Uniti d’America la conduttrice televisiva di SkyTg24 pomeriggio, Paola Saluzzi, donna interessante, rossa fuoco, che comunque a me piace molto per averla anche conosciuta alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, quello dell’oro del Settebello e del fioretto femminile a squadre. Quando lei era la giovane inviata di Telemontecarlo e io del Giorno. Lo sport è stato anche il trampolino di lancio per Simona Ventura che ricordo benissimo seguire la Juve per l’Unità ai tempi in cui flirtava con Darwin Pastorin e non negava, lei granata, di gufare quotidianamente contro il Trap e i bianconeri. O per Antonella Clerici, la cara Mole Antonelliana che lavorava in una piccola televisione di Rho ed era così innamorata della palla nel cestino che alla fine si sposò il povero Pino Motta che giocava in A1 con Desio. Ma il matrimonio durò poco, neanche due anni, e nell’estate del ’92 c’era anche lei infatti, di nuovo single, ai Giochi di Barcellona per la Rai a bordo pedana. Dove tiravano Giovanna Trillini, Dorina Vaccaroni, Diana Bianchedi, Margherita Zalaffi e Francesca Bortolozzi, la più carina del gruppo che quattro anni dopo vinse un altro oro olimpico di fioretto e poi convolò a nozze con l’amico Andrea Borella, l’allievo preferito della grande scuola di scherma di Mestre del maestro Livio Di Rosa. In fondo il mondo è piccolo, eppure spesso mi ci perdo lo stesso. Come stavolta. Vi stavo infatti dicendo d’essere un ostinato e folle Don Chisciotte e di non dovermene vergognare neanche un po’. Perché, come ha scritto Gabriele Romagnoli, “Cervantes è morto quattrocento anni fa, il suo eroe invece è vivo e si nasconde nella nostra parte migliore mentre lotta ogni giorno in una nuova battaglia da perdere”. Don Chisciotte è anche femmina. Come forse Paola Saluzzi nel suo quotidiano tiggì e in un twitt della scorsa primavera che le è costato una settimana di sospensione da Sky: “A Fernando Alonso è tornata la memoria e si è ricordato di quanto sia arrogante e invidioso: un pezzo d’imbecille”. Ora non conosco le ragioni per le quali la Saluzzi si è scagliata così ferocemente contro l’ex ferrarista e neanche le voglio sapere. Le avrà avute. Punto e stop. Come io le ho con i miei mulini a vento del basket, ma anche dei giornali e della tivù. A favore dei quali tutti vi vedo schierati e per questo dite che sono io il matto. Vi ringrazio, ma comunque non scendo da cavallo. Anzi. Cocciutamente perdo, ma non mi piego, né indietreggio o ci ripenso. E se mi venite a raccontare che oltre dieci milioni e mezzo d’italiani anche ieri sera hanno visto Sanremo, Garko, Conti e Patti, ugualmente non mi convincerete a spiarli nemmeno di soppiatto. Per fortuna ho ben altro da fare. Fosse anche solo guardare la diretta di Carpi-Roma o, meglio ancora, le pursuit di biathlon tra i boschi e le nevi di Presque Isle. Nello Stato del Maine. Che opportunamente ho provveduto a registrare. Incantato da quell’amore di fondista d’Anterselva (con lo schioppo in spalla) che è Dorothea Wierer, prossimamente ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, ma ancora snobbata in prima pagina dalla Gazzetta, uno di quei mulini contro il quale tutti i giorni invano combatto.