E poi ditemi ancora che è fortunato. Per favore. Gli era appena rientrato Bramos, che è il cuore pulsante della sua difesa, e subito si è fatto molto male Orelik che era il suo braccio armato. Dimenticando Stefano Tonut che è stato out sin quasi a Natale e Michael Jenkins di cui non mi ricordo più nemmeno la faccia. Guai a voi invece se vi viene da pensare che magari sia per caso pure bravo. Anche se è campione d’Italia in carica, ma l’anno passato lo scudetto non l’hanno vinto la Reyer Venezia e il suo allenatore: preferite tutti credere che glielo ha regalato l’Armani dell’Innominato (Livio Proli). Il Pipita lituano, per il quale stravedo e nessuno poteva toccarmelo, soprattutto dopo che, come Higuain, aveva perso qualche chilo di troppo, si è rotto il tendine rotuleo del ginocchio sinistro che si è accidentalmente fracassato sul parquet del Forum: stagione finita e canestri di “in bocca al lupo”. Crepi. E “porca puttana”: lasciatemelo aggiungere. Perché una tegola del genere Walter De Raffaele proprio non se la sarebbe meritata. Che poi non vi piacciano i livornesi: questo è un altro paio di maniche. Persino Acciuga Allegri non è in cima alle simpatie di tutti i tifosi bianconeri. Perché non ha vinto a Berlino e a Cardiff due finali di Champions League. E allora sparatevi: fatemi almeno questo piacere. E adesso? Sicuramente Federico Casarin non starà con le mani in mani. Ed difatti, per quel che ne so io, il Pesciolino rosso, ora tricolore, è già alla caccia con il lanternino di un quattro perimetrale. Che potrà essere americano a stelle e strisce, ma più facilmente comunitario. Perché non vorrebbe tagliare Jenkins. Anche se di buoni come Gedeminas Orelik se ne trovano ben pochi in giro per l’Europa. O vi ha sinora incantato Kuzminskas che a Giorgio Armani costa centomila euro al mese? Se non addirittura di più. Evviva. Ma oggi non vi voglio parlare dell’Ax e della sua crisi come faranno domani tutti i giornali. Io sono un pennivendolo: non dimenticatevelo mai e quindi, diversamente dai miei ex colleghi, non siederò sul banco degli imputati Simone Pianigiani. Uno perché non penso che sia la causa principale delle ultime malefatte combinate dalle scarpette rosse. Due perché avevate scritto, e io vi ero per la verità stupidamente venuto anche dietro, la medesima sciocchezza sul conto di Gelsomino Repesa che pure a Milano ha vinto uno scudetto e di Luca Banchi che ne ha vinto un altro che non gli hanno tolto come a Siena. Che è stata per qualcuno Sodoma e Gomorra e quindi è odiata nel basket meneghino più di Livorno. Il che è quasi inimmaginabile. E comunque non voglio assolutamente correre il rischio che il colpaccio della Reyer al Forum possa essere schiacciato o addirittura oscurato dall’ennesima sconfitta dell’Armani. Che in casa ha perso pure con Avellino. Al punto che allora vi ebbi a dire: attenti alla Sidigas che non scherza, ma non preoccupatevi per l’Olimpia che tanto conquisterà lo stesso i tre prossimi titoli. Ne sono ancora convinto. Resta però il fatto che l’80-84 dei campioni d’Italia è stata tanta roba. Perché al mio Ray-Bahn una lieve influenza aveva tenuto a letto anche l’altra ala forte: Pero Peric. Ed era 50-48 quando Pipita Orelik ha detto addio, o spero arrivederci, a Venezia. Adesso mi potreste caso mai chiedere quale motivo mi ha spinto a chiamare Napoleone il sindaco Brugnaro. Potrei sempre rispondervi che è stato per via di quel ricciolo ribelle sulla fronte che, almeno lui, non si mette sull’attenti, ma sarei un bugiardo e difatti la ragione è un’altra: Bonaparte era geniale nello scegliere i suoi generali perché li voleva soprattutto fortunati. Meglio poi se fossero stati anche in gamba. Ora De Raffaele è senza dubbio bravo e fortunato, ma negli ultimi mesi più bravo che fortunato. Dal momento che pure negli accoppiamenti per i quarti di Coppa Italia è toccata in sorte alla Reyer l’avversaria più scorbutica possibile: la Fiat ora di Re Carlo Recalcati sabaudo che in campionato ha già vinto al Taliercio e che direste sia finita nella manica degli arbitri dopo i cinque secondi che le hanno regalato ieri a Masnago. Però dei torti subiti quest’anno da Varese ve ne riparlo senz’altro domani. Magari assieme a quelli che hanno spinto Luca Banchi a piantare in asso Torino perché dai due Forni, padre Antonio e figlio Francesco, non ha voluto giustamente lasciarsi mettere i piedi in testa. Solo ancora scusandomi se oggi ho fatto tardi: quasi mezzanotte, ma pure Alice mi ha lasciato a piedi sul più bello.