Ho sentito stamattina Dan al telefono. Era impegnato, mi ha detto, in un servizio fotografico e si capiva che aveva la terra che gli scottava sotto ai piedi, ma ugualmente mi ha risposto dopo neanche un secondo e mi ha concesso un minuto del suo tempo che, a ottant’anni, è sempre più prezioso. “Ma solo perché ti voglio moderatamente bene”. Grandioso. Una volta Peterson mi spiegò che in non so quante occasioni avesse tentato (invano, ndr) di convincere Tranquillo che una telecronaca non è molto diversa da una chitarra. “Che si suona piano, quasi accarezzandola, e non aggredendola a rischio di rompere le corde”. Strepitoso. Ecco, caro il mio Dindondan, volevo solamente dirti di dire a Matteo Gandini di non continuare a parlare come una mitraglietta perché non lo capisce nessuno. E in più salutami Laura che è tanto che non vedo. Forse pensate che sia un ruffiano? Vi sbagliate di nuovo. E pure di grosso. Difatti non gli ho mai chiesto di pagarmi un caffè. Tanto so benissimo che non ha mai un soldo in tasca e che ha dimenticato a casa il portafoglio. Né è più il mio direttore. Dal momento che non scrivo da un pezzo per la sua rivista e la cosa nemmeno mi addolora più di tanto: in fondo la mia ironia fa a pugni con la serietà di SuperBasket, che pure è fatto bene, ma mi nega la libertà di pensarla sempre e comunque a modo mio. In più ultimamente ho visto qualche firma su SB che mi ha lasciato a dir poco sgomento: ma come, mi sono domandato, anche qui si sono infiltrati quelli della Banda e le figlie raccomandate dal papi? Non ci posso credere. Come è il titolo del film francese con Stefano Accorsi e Neri Marcorè. Eppure è così. Prendere o lasciare? Grazie, salto dalla finestra. Dicevo di “per me numero uno”. Alla faccia di Ciccioblack e di Mammì che lo hanno fatto fuori da Sky. Ieri al Forum per esempio. I lunghi dell’EA7 sono in seria difficoltà con gli spensierati del Banvit. Barac tre falli in un amen, Batista a riposo, Macvan meglio lasciar perdere, McLean l’unico da salvare. C’è Peterson che da bordo parquet commenta il ritorno degli ottavi di Eurocup con Mitraglietta Gandini per Sportitalia. “Questo piccoletto, caro Matteo, non può prendere sotto canestro tutti questi rimbalzi (addirittura 9, ndr). E difatti Repesa, con le mani dietro la schiena, è arrabbiatissimo come lo sono del resto io”. Parole sante, ma bisogna essere grandi come Dindondan per definire “piccoletto” Courtney Fortson, playmaker bene o male di un metro e 80, cioè almeno una spanna più alto di quello che l’Orso Eleni chiama Nano ghiacciato facendolo sistematicamente arrabbiare. Nei quarti Milano affronterà Trento. Peccato perché avremmo potuto anche avere due squadre italiane in semifinale se solo alla fantastica squadra di Maurizio Buscaglia fossero capitati in sorteggio i polacchi dello Zielona Gora che avranno anche eliminato il Kazan di Keith Langford (ex Armani) e di Lele Molin (vice coach) ma che ho visto giocare (e pure vincere) con la Reyer al Taliercio e non mi sono comunque sembrati così irresistibili. Oppure mi posso anche sempre sbagliare. Come recentemente mi è successo con Sacripantibus, che peraltro prima di Natale stavano per mandare via da Avellino, e con Cervi a primavera che gonfia di libidine, ogni qual volta se ne parla in Dai e vai, il suo eterno estimatore, Stefano Michelini. Persino più degli straordinari tortellini bolognesi di Nonna Aurora. E per questo mi cospargo subito il capo di cenere e chiedo sommessamente a tutti e due perdono. Non mi ero invece sbagliato nei confronti di Andrea Tosi che è senza tante storie il numero uno del basket in Gazzetta. Per 27 minuti, ha scritto oggi, l’EA7, anche sotto di 12 punti, “non è riuscita a trarre profitto nemmeno dal filotto di falli tecnici e antisportivi fischiati ai turchi da tre arbitri della mutua”. E non ha aggiunto che ad un certo punto Rakim Sanders, di nuovo il migliore tra i milanesi, avrebbe meritato non uno, ma due cartellini rossi quando si è tolto di torno Carmichael con uno spintone a due mani. Perché altrimenti il collega Vincenzino Di Schiavi e il Livido Proli gli avrebbero tolto il saluto per almeno tre mesi.