Riparliamone. D’accordo. Ma capiamoci subito: non prendetemi troppo sul serio. Mi piace scherzare e non ce l’ho in particolare con nessun allenatore del Belpaese. Bravo o scarso che sia. Simpatico o insopportabile. Come Zelimir Obradovic. Che oltre tutto è serbo di Cacak, 140 chilometri a sud di Belgrado, attraversata dal fiume Morava. Un po’ di geografia non guasta. Anzi. La insegnassero meglio anche a scuola. Soprattutto quella d’Italia. Così oggi non avrei fatto con mio nipote di sei anni e mezzo la figura dello scemo del villaggio. Nonno, mi ha domandato, dove si trova Capo d’Orlando? E io sopra pensiero: “Se non mi sbaglio è sorprendentemente sesta in classifica. E pensare che credevo invece che avrebbe lottato per salvarsi”. “Capo d’Orlando è in Sicilia. Che è un’isola. Ma non disturbare il nonno quando scrive di basket perché non sa quel che ti risponde”, mi ha salvato in corner la Tigre. Come non accadeva dalla seconda o dalla terza guerra punica. Anche in storia, lo ammetto, non sono in effetti un asso. Mentre di palla nel cestino qualcosa ancora ne capisco. Non tanta per la verità, ma quel che basta per stabilire se un allenatore è fortunato o meno. Per esempio Paolo il caldo Moretti è nato con la camicia: questo è poco ma sicuro. Sabato a Masnago infatti c’è il derby. Che se l’allenatore di Varese dovesse perdere non c’è Coldebella che tenga: sarebbe esonerato e buttato nel lago lì vicino ancor prima di poter urlare a fine partita: “Sono di Arezzo e non so nuotare: me ne vado via da solo con le mie gambe”. Però questo non potrà mai succedere perché è assolutamente impossibile che Cantù possa vincere l’anticipo della decima di campionato. Per una ragione molto semplice: Dimitrij Gerasimenko, il genio venuto dall’ex repubblica socialista sovietica, Russia o Ucraina che adesso sia, ha giusto stamattina licenziato Rimas Kurtinaitis. Contrariamente a quel che aveva scritto Mamma Rosa. E difatti cosa vi avevo detto ieri? Che se anche non leggete le pagine di basket della Gazzetta non perdete niente. Ora non credo che il vero colpevole dell’ultimo posto in classifica della Red October fosse l’head coach lituano. Che senz’altro ci ha messo qualcosa di suo, ma la caduta dell’impero del Cantucky ha una sola spiegazione: un casino dietro l’altro che sta combinando Gerasimenko da un anno a questa parte. Che poi Kurtinaitis, che non riusciva più a chiudere occhio la notte, se ne sia andato per conto proprio, come sostengono altre fonti d’informazioni, con la coda tra le gambe e rosso dalla vergogna, è un discorso che ancor meno importa. Anche se mi dispiace che un campione olimpico e mondiale della sua grandezza abbia fatto una fine e una figura del genere in un Paese come il nostro dove il basket è governato da un presidente che persino a Pesaro domenica è stato sonoramente fischiato e contestato. Ma di Giannino Petrucci m’occuperò domani. La notizia del giorno è che il boss di Cantù ha sostituito Kurtinaitis con il terzo allenatore, tale Kirill Bolshakov, il cui nome francamente non mi dice niente, ma neanche è escluso che io sia un ignorante in materia come lo sono in storia e geografia. Il guaio che il nostro caro Cirillo, come affettuosamente mi va di chiamare il tecnico ucraino che Gerasimenko ha portato quest’estate con sé in Brianza presentandolo come un amico fidato, non soltanto non sa una parola d’italiano e nemmeno di inglese, ma ha preso per il rotto della cuffia a Roma il patentino d’allenatore non di prima e neanche di seconda categoria, ma di terza. Difatti il tecnico della Red October che risulterà sabato ufficialmente a referto sarà il viareggino Marco Sodini, già vice di Luca Banchi a Milano nel 2013-14 e quindi campione d’Italia, ma chi starà in piedi davanti alla panchina canturina a dirigere la squadra nel derby con Varese sarà proprio Bolshakov. Che non potrà più contare nemmeno su Gani Lawal, scappato a Sassari dopo essere stato offerto anche a Venezia. Povero Cirillo, non vorrei essere al suo posto. E comunque pare, ma non è detto, quando c’è Gerasimenko di mezzo, che il patron russo si stia guardando intorno in cerca di un allenatore italiano che si prenda questa croce e se la carichi sulle spalle. I nomi che si fanno sono quelli proprio di Luca Banchi e naturalmente di Recalcati che ha casa e famiglia da quelle parti. Io invece mi permetto di consigliare Ciccioblack Tranquillo che sogna d’allenare in serie A da una vita e che credo sia già in possesso di un patentino Nba acquisito grazie ai buoni uffici di Ettore Messina. Oltre tutto a Cantù ci andrebbe di corsa. E pure per due soldi. Ovviamente in nero. Pensaci Dimitri. Potrebbe essere un’ottima idea. Senza importunare Banchi e Re Carlo. Che potrebbero rispondergli: grazie mille, ma non fumo.