Se Cinciarini avesse la pelle nera giocherebbe nella Nba

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Pensavo, ma forse mi sbaglio, che i voti delle pagelle del basket andassero dallo zero al dieci. Come quelli settimanali sull’Indiscreto dell’Orso sempre più brontolone. Anche se talvolta non li capisco e non li sposo. Invece è solo un problema di stitichezza. Che, quand’ero piccolo, si curava con le prugne cotte che mia madre addolciva con molto zucchero. O con un buon (?) confetto Falqui, quello del “basta la parola” di Tino Scotti. E adesso con i lassativi, venti gocce di Guttalax o una bustina di zenzero, come avevo studiato a botanica ai tempi di farmacia a Ferrara: dipende dai gusti. A me per la verità, quando ho questo problema e sono seduto sul trono del salotto piastrellato, basta leggere il settimanale di Alfonso Signorini, l’ex compagno di Paolo Galimberti, senatore del Berlusca, e sono a posto. Su un vecchio numero di Chi, forse di fine maggio, con in copertina Ilary Blasi (molto rifatta) e Francesco Totti (quasi fatto e comunque arrosto), ho scoperto infatti che il Tetou, sulla spiaggia di Cannes, è il ristorante alla moda dove, durante l’ultimo Festival, Sean Penn (54 anni) e Charlize Theron (39) si sono appassionatamente baciati sulla bocca. Innamoratissimi. Come Gigi Buffon (38) e Ilaria D’Amico (41), ovvero tre primavere lei più di lui. O come Re Carlo Recalcati e Giovanna che ieri hanno festeggiato non so quanti anni di felice matrimonio. Un canestro d’auguri sinceri. Ma perché vi sto raccontando tutto questo se stavo parlando della stitichezza? Persino dei giornalisti della Gazzetta di Reggio Emilia che a Max Chef Menetti hanno dato solo 9. E quando 10? Quando vincerà lo scudetto, mi hanno risposto. Ma bravi. Io invece gli do già subito 10. E tra un paio di settimane magari anche la lode. Perché ieri sera è stato perfetto. Come Andrea Cinciarini. Al quale la Pravda rosa ha gentilmente regalato appena un 8. Mentre ve lo dico io: se il Cincia avesse la pelle nera, come cantava Nino Ferrer, e si chiamasse invece – non so – Daniel Hackett o Tiger Lewis, mi giocherei la villa a Cortina che la Gazzetta parlerebbe ora di un playmaker fatto e rifatto, meglio di Ilary Blasi, e prontissimo per il volo nella Nba. Però col cuore nell’anima e non con la puzza sotto al naso. Come vi sarete accorti: un discorso tira l’altro. Pari passo alle ciliegie. E tutti i nodi vengono prima o poi al pettine. D’accordo, ma il Tetou? C’entra, eccome. Ogni Pasqua, ma anche a Natale, l’avvocato Gigi Porelli con sua moglie Paola trascorreva una settimana di vacanze a Cannes e gli piaceva invitare a pranzo gli amici del basket che gli andavano più a genio e che potevano essere Dan Peterson o Renato Villalta, ma anche l’Orso Eleni, Lorenzaccio Sani e orgogliosamente pure il sottoscritto. Ai quali immancabilmente faceva assaggiare la “migliore bouillabaisse della Provenza e del mondo”. Da Tetou, all’8 dell’Avenue des Frères Roustan, in Golfe Juan. “E non mi sbaglio”, esclamava deciso. E non si sbagliava, come sempre, il nostro immenso avvocatone: difatti non ho più mangiato da allora una zuppa di pesce più deliziosa. D’accordo, ma Charlize Theron? E qui m’incavolo. Dan Peterson può chiedersi davanti allo specchio qual è l’attrice americana da lui preferita e rispondersi: “Sharon Stone da giovane o Angiolina Joelie o Nicole Kidman”. E perché non Charlize Theron? “Perché è sudafricana”. Mentre io non posso neanche essere geloso del suo ultimo compagno, Sean Penn, che ha oltre tutto ben 15 anni più di lei e solo 11 meno di me? Qui ci vogliono le regole della casa del sidro perché tanto le nostre non servono a niente in un Paese, come ha scritto Oscar, dove evasori e ladri sono sempre gli altri. Verissimo. Ma nel quale qualche volta per fortuna vincono anche i più deboli. Come il Banco di Sardara e la Grissin Bon di Landi nei confronti della Milano griffata Armani e della Venezia di Napoleone Fassotuttomi Brugnaro. Che è stato squalificato di nuovo. Stavolta sino al 3 luglio. E ancora per offese agli arbitri. Tra i quali Citofonare la Monica. Al quale per la verità avrei anch’io tirato le orecchie, e me le sarei tenute in mano, quando ha fischiato tre secondi al povero Pini che magari anche c’erano, ma che mi sono sembrati in quel momento, con la Reyer avanti di 9 punti, una punizione eccessivamente crudele per una squadra che stava già in piedi per miracolo e che disperatamente s’era arroccata dietro una 3-2 d’antica memoria. Che Max Chef Menetti non si è vergognato di rispolverare e di copiare dal suo unico grande maestro, Dadone Lombardi. Dell’Umana, se volete, se ne può invece benissimo riparlare domani. Oggi le ferite sono ancora troppo aperte. Mentre un mestrino, ancora più cattivo della Monica, spariva nella notte canticchiando Modugno: “Penso che un sogno così non ritorni mai più”. Facendo Felice ieri a Venezia solo Casson.