Non mi può interessar di meno se Giannino Petrucci e Stefano Domenicali il primo maggio si sono incontrati a Teano o a Vatteloimmaginare, sempre in provincia di Caserta. A me preme solo sapere come è finita tra loro la sfida a ciapa no. A Maranello, da Luca di Monteprezzemolo all’ultimo dei meccanici, sono tutti convinti che abbia perso come consuetudine l’ex capo delle Rosse, sostituito in quattro e quattro da Marco Mattiacci che, prima di passare alla Ferrari, non aveva mai visto un Gran Premio neanche per sbaglio in tivù. Cosa vuol dire? S’arrabbierebbe subito Flavio Briatore che ha una faccia alla quale mi divertirei dalla mattina alla sera a dare tante ma tante sberle sino a non poterne più. Perché voi no? “Io vendevo magliette per la Benetton negli Stati Uniti e vi garantisco che capire di Formula Uno non serve”. In questo caso, ma solo in questo, perché altrimenti si monta la testa, devo dare ragione alla dolce metà di Elisabetta Gregoracci: conosco infatti tanti manager che non ne capivano niente di niente, neanche di tiro alla fune o i salto con la corda, che sono stati bocciati in quinta elementare con quattro in aritmetica e tre in religione, che hanno fatto invece fortuna come boss della pallacanestro. Nomi non ne faccio, ma avrete certamente capito a chi in particolare mi riferisco. Tanto più che, come ha detto domenica sera proprio Giannino Petrucci su Raisport 2 a Edi Dembinski, o come cavolo si scrive, tra un tempo e l’altro di Schio-Ragusa al femminile: “Chi fa basket è una persona intelligente”. Beh, eccezionalmente, e solo per stavolta, posso essere anche d’accordo pro domo mea con il presidente federale, ma non mi allargherei ugualmente troppo. Se prendete per esempio l’americano della Reyer, Andre Smith, non mi sembra un parente stretto di Einstein se ieri ha sfidato tutti i tifosi della Reyer provocandoli con gesti a dir poco sconvenienti e fuggendo poi scortato dalla polizia. I veneziani adesso non lo vogliono più vedere dipinto neanche più sui muri della toilette del Taliercio e nemmeno se dovesse segnare 50 punti a partita come Dalipagic. Anche perché adesso, ee solo adesso, ne sono strasicuro, tireranno fuori la storia sino a oggi tenuta si fa per dire segreta di quel giovedì notte prima di Umana-Granarolo in cui Smith andò a sfasciare con la sua macchina un palo della luce e per fortuna non si fece niente. Era con Nate Linhart, compagno di merende, e non so chi fosse più alticcio tra i due. Al punto che l’Andre da St.Paul (Minnesota) scese dall’auto e una borsa di ghiaccio strinse intorno al palo che secondo lui, nello scontro, aveva avuto decisamente la peggio.