Gli strunz nel calcio in Italia sono come le stelle di Negroni: milioni di milioni. Più dei cinque stelle. Quindi non mi meraviglia che non abbiano apprezzato un aforisma del grande Totò che leggo sulla parete della pizzeria di Marghera dove di solito vado con Nico dopo la partita in casa della Reyer. Come probabilmente sarà anche stasera. Alla Conchiglia. Dopo l’andata dei quarti di Fiba Europe Cup con i russi del Nizhny Novgorod. “E voglia a mettere rum: chi nasce strunz un po’ addiventà babbà!”. Io lo trovo fantastico e difatti l’ho riproposto a voi, amici del basket, perché ne facciate miglior uso. Convinto come sono che tra noi e loro ci sia una differenza culturale enorme. Per carità di dio, anche nella nostra pallacanestro gli strunz nemmeno si contano tanti sono. E, se fate i bravi, un giorno magari butto giù anche una prima bozza del lungo elenco. Partendo dalla lettera A. Come arbitri. O dalla Esse. Come Sky. Attenti, ho scritto “come” e non che tutti i fischietti e quelli di Sky sono strunz: me ne guardo bene. Però un Bianchini, faccio un esempio, o un Peterson, per dirne un altro, se li sogna la gente del calcio. O anche un Gas Gas Trinchieri che, se non appartenesse alla Banda Osiris, lo inviterei volentieri a pranzo. O un Giannino Petrucci, pensate un po’ a quel che vi dico, che, se non esistesse, bisognerebbe (comunque) inventarlo. Un amico del calcio l’altra sera mi ha criticato: “Sei troppo criptico e per questo non sempre ti capisco”. Ora, a parte il fatto che a me del criptico non l’ha mai dato nessuno e che mi sarei molto meno offeso se mi avesse detto che sono un bastardo, non potrò mica alla mia veneranda età ricominciare tutto daccapo e spiegare agli ultimi arrivati che Mamma Rosa è la Gazzetta dello Sport o che Ciccioblack è Flavio Tranquillo o che Artiglio è Caja, il miglior allenatore dell’anno, o che il mio Paron è Tonino Zorzi e non Nereo Rocco. Sarebbe un po’ come se tra parentesi scrivessi Higuain quando parlo del Pipita o Berlusconi quando tiro in ballo il Cainano. Dai che ci siamo. E, già ci sono, volto pagina. Ancora ridendo dell’aforisma in napoletano di quel immenso genio che è stato il Principe Antonio De Curtis. O devo aggiungere tra parentesi Totò? Ma mi faccia il piacere. Le cinque giornate di Milano, di cui in queste ore si commemorano i 170 anni, sono iniziate ieri con la sconfitta di Kaunas, proseguiranno domani con Ax-Valencia al PalaDesio e si concluderanno domenica con la trasferta di Avellino contro la Sidigas di Sacripantibus che non credo debba spiegarvi che è Stefano (Pino) Sacripanti. O forse sì? Ve lo potete sognare. Dei grissini di Reggio Emilia vi racconterò invece domani. Quando avrò tutto il tempo che voglio. Però sin da oggi vi posso dire che il Lokomotiv è squadra di un’altra categoria e che la Grissin Bon farà un mare di fatica a metterla sotto persino venerdì nella sua Bombonera. Strafelice di sbagliarmi, ma i russi sono tanti. E tutti lunghi, grandi e grossi. In più Ricciolino Della Valle ha la schiena a pezzi e, se anche dovesse farcela a togliersi la tuta, non potrà essere certamente al top. Di un’altra categoria è anche l’Armani del mio Nazareno rispetto alle otto squadre che disputeranno da metà aprile i playoff d’EuroLega: questo dobbiamo mettercelo bene in testa, altrimenti tanto vale che nemmeno ne cominciamo a parlare. Un esempio per tutti: Andrea Cinciarini. Va benissimo in campionato sempre che Simone Pianigiani, tra parentesi il Nazareno, guarda cosa mi tocca fare perché non mi dicano che sono criptico, lo utilizzi per più di un quarto d’ora. Ma in Europa, lo si è capito anche ieri sera contro uno Zalgiris pur in formato ridotto, c’entra poco o niente. Come del resto gli altri italiani. Piuttosto, per colpa anche di Milano, non dico di no, questa benedetta EuroLega mi ha per la verità un (bel) po’ stancato. D’accordo, la settimana scorsa Fenerbahce-Cska 79-81 e un formidabile Nicolò Melli (18 punti, top score) sono stati uno spettacolo assoluto. Altro che San Antonio–Golden State 89-75 senza Thompson, Curry, Durant e K. Leonard. Però le trenta giornate della prima fase sono diventate più fastidiose del ruminare di un cammello a due gobbe. Una noia infinita. Che noia che barba, che barba che noia: avrebbe sbuffato Sandra Mondaini. Una soluzione al problema, che non piacerà senz’altro a Jordi Bertomeu, io anche ce l’avrei. Intanto però guardatevi bene questa splendida foto sopra al pezzo: Sutton che schiaccia a due mani sabato a Desio sotto gli occhi esterrefatti di Forray, Gudaitis, Jerrells e Pascolo. Ebbene uno degli arbitri (Begnis–Martolini–Bongiorni), non voglio nemmeno sapere quale dei tre, l’ha premiato fischiandogli un tecnico. E allora vi domando: il buon senso e lo spirito del gioco dove sono mai finiti? Vi rispondo io: nel retrobottega del droghiere.