E se vi dicessi che Cattelan mi è più simpatico di Galliani?

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E poi c’è Cattelan. Con due ti. E allora? Può aspettare anche lui. Se vuole. Altrimenti sarà per un altro Scacciapensieri. Prima devo fare un passo indietro e riparlare del casino del Casinò di Venezia. Perché, andando oltre la notizia della probabile chiusura della sede storica di Vendramin Calergi e del possibile licenziamento di centocinquanta croupier, mi sono fatto una domanda che già ieri mi sarei dovuto porre. Se nel primo trimestre di quest’anno le due case da gioco in laguna hanno incassato 22,6 milioni di euro e hanno chiuso ugualmente in perdita, mi chiedo: al di là del dieci per cento in meno intascato rispetto allo stesso periodo del 2016, che mi sembra francamente un aspetto comunque secondario di tutta questa drammatica vicenda, val davvero la pena tenere in vita una struttura che costa al Comune uno sproposito e alla quale, per reggersi in piedi, non bastano quasi otto milioni d’incassi al mese? Di queste cose, e d’economia in particolare, ne capisco poco. Anzi, proprio un tubo. Ma la risposta ad un tanto al chilo mi sembra parimenti scontata: forse sarebbe il caso che Napoleone Brugnaro non solo chiudesse il casinò in Canal Grande, ma cominciasse a pensare, se non lo sta già pensando, di dare un taglio secco alle spese anche di quello di Cà Noghera. In fondo pure Marina Berlusconi nel suo piccolo – si fa per dire – ha con la scure detto basta alle ville e alla flotta di famiglia, al Milan e alla Champions, agli yacht dei Caraibi e al golf di Tolcinasco. Insomma a molti dei lussi e degli sprechi di papà Silvio. Al quale, poveretto, sono rimasti Villa Certosa e le residenze in Costa Smeralda. Oltre agli otto cani (a guinzaglio nel parco) e alla politica. Che è il suo giocattolo preferito. Del resto soltanto le perdite accumulate nell’ultimo lustro da Mediaset non sono lontane dal miliardo di euro. I 700 milioni spesi per aggiudicarsi l’esclusiva della Champions sono stati un autentico buco nell’acqua. Altro che un’ancora di salvezza come credeva Pier Silvio. Il Milan nel 2015 è costato 150 milioni e non ha conquistato neanche l’Europa League. Per non parlare dei 60 che il meraviglioso Adriano Galliani beccherà di liquidazione. E poi ditemi se Gullit aveva forse torto a chiamarlo simpaticamente lo Squalo? E adesso avanti con Alessandro Cattelan che ieri avevo provveduto a registrare. Per la verità era più incuriosito dalla presenza in studio dei suoi ospiti, Andrea Belotti e Matilde Gioli, che dalla verve dell’eclettico conduttore di Tortona. Ebbene ho scoperto che il Gallo del Torino va matto per il piccione e meno per i congiuntivi. O che l’ex campionessa (di nuoto sincronizzato) dagli occhi azzurri e di ghiaccio andava a vedere l’Inter in curva con le Monelle e Brianza alcolica. Ma soprattutto che Cattelan mi è davvero simpatico. E non l’avrei pensato. Non come Steve Meloccaro nell’Edicola Fiore, ma poco ci manca. E così non mi perderò più una puntata, grazie a My Sky, di E poi c’è Cattelan. E magari un giorno mi piacerà anche Napoleone Brugnaro o il grana reggiano. Mai dire mai.