Aspettando che Ciccioblack Tranquillo ci faccia sapere dove ha preso il nero oltre che dal Montepaschi nell’autunno del 2004. Quando a Siena ancora allenava Re Carlo Recalcati. Campa cavallo che l’erba cresce. Oppure devo di nuovo pensar male? E cioè che anche questa volta aspetti che la sua birichinata nei confronti dell’ufficio delle imposte vada in prescrizione per poter poi confessare: “Scusate, ma non immaginavo che fosse proibito di mettermi i soldi in tasca facendo finta di nulla”? Nessuno comunque più gli crede. Neanche la fatina di Pinocchio. Tranne ovviamente Giovanni Bruno o Bruno Giovanni, poco cambia. Ma chi è poi questo Bruno Giovanni, o Giovanni Bruno, mi domandano in molti. E’ il direttore di Sky Sport, rosso di capelli, che adesso si tinge, sessant’anni e quattro figli, belli e bravi, che somigliano per fortuna più alla madre. Tra i quali Margherita, detta Maggie, che, se non mi sbaglio, tira di scherma, però non andrà alle Olimpiadi di Rio né per il fioretto né per la spada. Bruno o Giovanni, fa lo stesso, ha difettose entrambe le trombe di Eustachio, ma col piffero che si decide a fare un salto dall’otorinolaringoiatra. Preferisce difatti non sentire gli scandalosi dati d’ascolto che fanno le partite su Sky di basket a mezzogiorno e quella trasmissione che Ciccioblack conduce con la scimmietta sulla spalla al lunedì in seconda serata. Una brutta roba, come direbbero a Padova. Una masturbazione di grilli, come direbbe un mio amico di Belluno. Un orrore che, accuratamente dribblandolo, non ho mai avuto la disgrazia di vedere anche se Giovanni o Bruno, chiamatelo pure come vi pare, ce lo ripropone in tutte le salse dall’alba a notte fonda e lo infila come il prezzemolo anche nel polpettone con gli avanzi di carne, mortadella e salame. Aspettando, dicevo, che Tranquillo ci racconti un’altra delle sue bugie che farebbero arrossire persino il burattino di Collodi, mi domandavo cosa mi sono perso in questa settimana e mezzo nella quale non ho scritto una sola riga di pallacanestro. Assolutamente nulla. Sono andato, è vero, spesso al cinema e devo confessare che The hateful eight di Quentin Tarantino è un film da non perdere. Non fosse altro perché nella bufera di neve i due cacciatori di taglie, John Ruth il Boia e il Maggiore Marquis Warren, ex soldato nero nordista, s’incontrano di nuovo dopo molti anni e ricordano di quella volta in cui mangiarono insieme una splendida bistecca a Chattanooga, nel Tennessee, diventata famosa in Italia per aver dato i natali al grande Dindondan Peterson. Ho visto la Juve a Bologna e non mi sono nemmeno accorto del fumo e della bomba carta fatta esplodere all’arrivo del bus della squadra bianconera. Eppure ero lì, nell’antistadio. Ma dove vivi? Sulle nuvole? Qualcuno mi potrebbe anche chiedere. E non piuttosto: ma in che mondo viviamo? Domenica mi sono sparato invece un bis tutto speciale: nel primo pomeriggio il Venezia a Noale e poi il Mestre a Trivignano, due gustose partite di quarta serie. Se vi può interessare, gli arancioneroverdi hanno vinto il derby per 2-1 e hanno raggiunto il Campodarsego, che affronterà domani a Sant’Elena, in testa alla classifica. Mentre il Basket Mestre 1958, a due punti dai playoff, ha castigato il San Vendemiano, che è la squadra del paese di Alex Del Piero ed è seconda in classifica. Seduto affianco a me c’era Stefano Teso, ragazzo d’oro, ora presidente di Jesolo, capolista in Silver, del quale vi riparlerò presto e volentieri. Per il momento vi dico solo che insieme nel 1987 abbiamo ricevuto il “Premio Città di Mestre per lo sport”. Lo ricordo molto bene perché è stata l’unica targa che ho avuto dal basket in quasi quarant’anni di carriera. Evidentemente qualcosa ho sbagliato nella mia vita di pennivendolo da strapazzo. O forse ho rotto troppo i coglioni ai signori che premiano cani e porci a patto che bacino a loro le mani e pubblichino pari pari le veline come normalmente fanno gli adulatori di Giannino Petrucci? E’ molto più probabile. Se invece vi indignate perché clamorosamente, per correre dietro alla squadra nella quale ho giocato da bambino, e mi chiamavano Maggetti, mi sono perso la finale delle final eight di Coppa Italia tra Milano e Avellino, ve lo ripeto per l’ultima volta: ho due My Sky in casa e quindi mi posso registrare contemporaneamente quattro eventi sportivi. Onde per cui un giorno anche mi andrò (forse) a vedere la partita di domenica al Forum dall’esito così scontato che persino C10H16O lo aveva ipotizzato in un suo fondino sulla Gazzetta dal titolo “Equilibrio? Mica tanto: è Milano contro tutti”. Difatti dovete sapere che il suo maestro delle elementari domandava sempre al termine della lezione in classe: “Avete capito tutti? Anche tu Canfora? Bene. E allora posso procedere: con quante elle si scrive palla?”. Con tre. E non con quattro come Llull, la guardia del Real Madrid che ha dato scacco matto al Bamberg del favoloso Gas Gas Trinchieri. O forse la Confraternita dell’Osiris ve l’aveva tenuto premurosamente nascosto?