Racconti da libro Cuore lasciando Rimini con il sole. E con dispiacere. La finale di Coppa Italia me la vedrò in televisione. E in registrata. Perché alla stessa ora, stasera, tra qualche minuto insomma, vado dove mi porta il cuore. Invitandovi a non pensar male. Che non è proprio il caso. Semplicemente arriva a Trivignano la capolista. E allora? A voi non importerà nulla, per me invece, se non vi dispiace, il Basket Mestre è la mia squadra. Nella quale ho mosso i primi passi sotto canestro. Come mio nipote Dodo. Ed è inutile che quelli della Reyer arriccino il naso. Federico Casarin, il mio caro Pesciolino rosso, è uno dei nostri. Come Renatone Villalta. E pure il sindaco Luigi Brugnaro. Che quand’era un giovanottino, e nemmeno lui neanche s’immaginava che un giorno sarebbe diventato il Napoleone dei veneziani, non si perdeva una partita di Wingo, Harris e Antonelli, son tornati i tempi belli. Non ci credete? Andateglielo a domandare e vedrete se vi racconto storie. E, già che ci siete, chiedetegli anche se gli pare giusto che la nostra squadra giochi in una palestra fuori dal mondo. In campagna. Dietro la chiesa. E che il Taliercio, la casa dove è nata, non lo veda neanche con il binocolo. Vecchi discorsi. Che solo la separazione di Mestre da Venezia potrebbe (forse) risolvere. E comunque arriva a Trivignano, come vi dicevo, l’Oderzo. Che è l’assoluta capolista della serie C gold. Una sorta d’Armani. Se mi passate il paragone. Ricca e ambiziosa. E io sarò uno dei trecento sugli spalti. Perché più spettatori non ce ne possono stare. Tornando sull’Olimpo, dove gli dei hanno smesso di fare i capricci e ci si deve accontentare di una fiera che dignitosamente ospiti le final eight di Coppa Italia, ho visto storie da libro Cuore che mi sono davvero piaciute. E, se non mi credete, fatene pure a meno. Come Livi(d)o Proli che salta in groppa a Mortimer Cancellieri mentre Milano e Reggio Emilia stanno uscendo dall’arena. E s’abbracciano forte forte. Cancellieri piange, Proli è commosso. Non hanno vinto nessuna guerra, ma la loro felicità è bella e non mi vergogno di sottolinearla e anche d’applaudirla. Come quella di Andrea Cinciarini. Che magari ha un po’ esagerato nell’esultanza colorita dopo la tripla che ha messo al tappeto la GrissinBon, ma c’è da capirlo: aveva la testa in subbuglio e tanto fuoco, per non dire rabbia, nell’anima. E non credo debba spiegarvi la ragione. Piuttosto se temete che il vostro Don Chisciotte, cinico e satiro, stia diventando l’Edmondo De Amicis di questo nuovo basket che è molto meglio di quello che la gente pensa, vi tranquillizzo subito: se mi sono addolcito, è stato solo un momento. Difatti riparto subito all’assalto dei mulini a vento e vi dico, magari stupendovi, che Gelsomino Repesa ha fatto bene per una volta a mandare a quel paese gli arbitri perché Manuel Mazzoni per esempio non può fare prima l’amicone e poi ridergli in faccia minacciandolo di chissà quali provvedimenti. Se del resto sono mediocri i nostri giocatori com’è opinione di tutti, tranne che di Paperoga Crespi che vorrebbe andare ad allenare la Fiat, ma è meglio che se la metta via, dal momento che Frank Vitucci a Torino non si tocca, e soprattutto nessuno me lo tocca, altrimenti peste lo colga, più scarsa ancora è la nuova generazione degli arbitri di serie A. Che Ciccioblack Tranquillo difende a spada tratta e per questo gatta ci cova. Mi spiace, ma non mi fido: quello non fa mai niente per niente. E comunque sono da libro Cuore anche i nostri allenatori. Come Sacripantibus e il Patata di Capo d’Orlando che hanno regalato la vittoria nei quarti di finale a Pasquino Pasquini e a Max Chef Menetti. Il quale a suo volta è stato più buono di Garrone quando negli ultimi due minuti della semifinale, con un’EA7 alle corde e Reggio Emila avanti di dieci punti, si è giocato la carta Strautins e il ragazzino in 120 secondi ha bruciato tutto quel popò di vantaggio rifiutando due tiri facili e impasticciandosi le dita con la palla in mano. Può succedere. Quando si è giovani. Sia chiaro. Ma non contro la Milano di Cinciarini, il vendicatore. Anche se le partite le perdono prima i giocatori e poi gli allenatori: questo è poco ma sicuro. Così come non le dovrebbero mai vincere gli arbitri.