Il piccolo Bertoldino era tanto sciocco e ridicolo quanto il padre era stato saggio e divertente. E suo figlio Cacasenno tanto stupido che al confronto chi so io, ma non ve lo dico, mica sono scemo, era un pozzo di scienza. Purtroppo i Bertoldo nel nostro basket vanno scomparendo e, ad essere larghi di manica, ne conosco ancora al massimo tre o quattrotra i nati nella generazione dopo la mia. E nessuno che abbia scelto manco per sbaglio di fare da grande il mestiere del giornalista. In compenso, soprattutto nei siti della palla nel cestino, da Trieste a Caltanisetta pullulano i Cacasenno, che non capiscono neanche quello che scarabocchiano, e fioriscono i Cacasotto che, non sapendo né leggere né scrivere, e temendo persino della loro ombra, vivono di sciacallaggio e finiscono, rubandosi le notizie un con l’altro, per fare un casino indescrivibile. Lancio allora un sos ai naviganti: girate alla larga dai siti dei Cacasenno e dei Cacasotto perché non solo correte il rischio di non raggiungere mai il porto, ma soprattutto di perdervi in alto mare quando vi va proprio di lusso. Ora non voglio sempre tirare acqua al mio mulino, però vi avevo dato delle indicazioni ben precise. Grazie alle quali anche i Bertoldini non si sarebbero per esempio potuti smarrire dietro a Gigi Datome che andava a Milano o al Mago Bargnani che avrebbe raggiunto Marco Belinelli a Sacramento. E invece ecco che, dando retta un giorno a Cacasotto e l’altro a Cacasenno, ho incontrato per strada un gruppo di canaglie che mi sbeffeggiavano urlando: “Hai visto che alla fin fine il Cincia e Cervi a primavera sono rimasti a Reggio Emilia? E li ho lasciati dire capendo benissimo che erano stati depistati dai siti di basket che si bevono acqua pensando che sia vino, mangiano gatto sperando che sia coniglio, sono dei poveracci senza arte né parte che tirano a campare facendosi la guerra e leccando il sedere ai potenti che pure li minacciano di sculacciarli se non scrivono quello che fa più piacere a loro. Fosse per me, che democratico non sono mai stato, i Cacasenno e i Cacasotto sarebbero insomma una razza d’analfabeti e ruffiani da ghettizzare seduta stante, peggiore anche di quella degli agenti che, per fare i loro porci comodi, e non quelli dei loro clienti, hanno rovinato il nostro basket come vanno accusando da un mare di tempo Dan Peterson e Valerio Bianchini. Però è anche vero che non posso essere sempre così drastico e manicheo e allora, in nome del quieto vivere, invito l’ordine dei giornalai a vigilare perché almeno i cani e i porci siano banditi da questi siti immondi. Dove sguazzano e navigano anche i peggiori ultras della nostra pallacanestro, cioè quelli che insultano gli avversari soltanto perché non stanno più dalla loro parte. Come a Venezia stanno facendo con Pietro Aradori. Vergognatevi e, se ce la fate, smettetela anche di respirare per qualche minuto. Adesso comunque devo mettere un po’ in ordine questo basket che sta diventando un postribolo e lo farò nei prossimi giorni a patto però che mi promettiate di leggere solo questo blog di qui al 2030. Quando la Terra entrerà in una nuova mini era glaciale. D’accordo? Comincio allora subito dai sedici azzurri che si sono tutti sistemati prima del raduno di lunedì a Folgaria e dopo che Peppe Poeta ha firmato poche ore fa per Trento. Tranne forse Danilo Gallinari che ha un altro anno tuttavia di contratto con i Denver Nuggets che vorrebbero prolungarglielo. E così scopro che sono meno della metà i nazionali di Simone Pianigiani che non hanno cambiato casa. E cioè Alessandro Gentile, Amedeo Della Valle, Luca Vitali, Marco Cusin, Achille Polonara e Davide Pascolo. Sei più il Gallo. Ovvero sette su sedici. Mentre per non fare confusione, come hanno fatto i siti del regno di Alboino, vi confermo che Andrea Cinciarini e Riccardo Cervi sono passati a Milano per la gioia della Grissin Bon e che Gigi Datome il prossimo anno giocherà a Istanbul con il Fenerbahce e non nell’EA7 perché Giorgio Armani non ha poi così tanti soldi da spendere per la pallacanestro.