Mi avevano detto che c’era il Family Day e mi stavo precipitando a Pesaro: Austin è un ottimo giocatore, ma Darren, suo padre, era un’altra musica. Fidatevi. E comunque pensavo che mi avrebbe fatto un enorme piacere rivedere dopo più di vent’anni il ballerino di Iowa, denti da coniglio, agilità da cerbiatto, che con la maglia (numero nove) della Scavolini ha vinto due scudetti in quattro anni. Uno con il Vate Bianchini e l’altro con Don Gel Scariolo. Per fortuna che sabato mattina, uscendo presto di casa, la Tigre ha messo sul grammofono il solito disco: “Cosa occorreva che tu andassi in macchina? E’ così comodo il treno. E comunque mi raccomando: non superare i 130 all’ora con tutti gli autovelox e i tutor che incontrerai sull’autostrada per Roma”. Ma se vado a Pesaro? “E a Pesaro cosa ci vai a fare? Un bagno in mare?”. C’è il Family Daye. “Il Family che? Inventatene un’altra. E poi da quand’è che sei contro le unioni civili?”. Ed è qui che è cascato l’asino, mi sono tolto, zitto e mogio, il cappotto e ho capito, meglio tardi che mai, d’essere proprio un gran patacca. Come direbbe l’amico Elio Giuliani, impeccabile addetto stampa delle vuelle dal primo tricolore. Quello del 1988. Mi sembra ieri. Darren Daye, tagliato dai Boston Celtics di Larry Bird, arrivò a Pesaro, per volontà del grande Vate, che era quasi primavera e sul lungomare forse lesse anche lui quel murale: “Bianchini vattene, Aza Petrovic resta con noi”. La piazza aveva deciso da che parte stare, ma come spesso accade aveva scelto il suo eroe sbagliato. Battuta la Tracer di D’Antoni alla quarta partita di finale dei playoff, la Scavolini di Cook e Daye, ma anche di Costa, Magnifico e Zampolini, conquistò infatti tre mesi dopo il primo scudetto della sua storia. Valerio in trionfo e Aza a casa, in Jugoslavia. E Austin? Era venuto al mondo neanche da tre settimane. Ad Irvine, in California. E raggiunse il padre in Italia solo due anni dopo. Giusto in tempo per festeggiare in braccio alla madre, che era una botticella, il secondo scudetto di Pesaro, in finale con Varese, e per ricordarsi ancora oggi che andava a mangiare la pizza nella birreria di Mike Sylvester, un altro amico mio e non certo di un certo Enrico Campana. Ma ora stop al dolce amarcord. Altrimenti facciamo notte. E un calcio anche al Family Day e ai due (o dieci?) milioni di destrorsi che, non sapendo cosa fare sabato, si sono radunati al Circo Massimo che al massimo ha una capienza di 336 mila persone pigiate una all’altra come sardine sott’olio. Sperando magari che ci fossero anche i leoni. E invece si sono dovuti accontentare di vedere Napoleone Brugnaro e Maurizio Gasparri con la moglie e la cagnolina. O Giorgia Meloni che dalla piazza ha annunciato su Facebook d’essere incinta. Raccontano che ci fosse anche Renato Brunetta, ma forse qualcuno in quella calca l’ha pestato e nessuno se ne è accorto. Tornando a Austin Daye ho letto che da Pesaro non vorrebbe più muoversi. Se ne dicono tante, ma mi piacerebbe credergli. Intanto domenica ne ha segnati 32 di punti e ha salvato la ghirba a Riccardo Paolini, ma non basta ancora. Martedì c’è la trasferta di Bologna e non sarà semplice battere le Vu nere. Che sono ovviamente la passione di Ciccioblack e del suo compare. Che non ricordo nemmeno più come si chiama. Anche i ricordi sono fatti a modo loro: quelli belli s’attaccano alla pelle, quelli brutti non durano più di un giorno. Era comunque dal 2015 che la Consultinvest non vinceva. Esattamente dall’antivigilia di Natale: 69-66 all’Armani. Il mondo è proprio strano e quello del basket non fa eccezione. A dicembre Riccardo Paolini, pochi capelli ma tutti in piedi, è stato il mio allenatore del mese e a metà dello scorso mese già lo contestavano. A Pesaro la piazza è calda, e aggiungo anche speciale, ma non può essere che in trent’anni non le sia mai andato a fagiolo un allenatore. Il nove di gennaio ho annunciato che Luca Banchi sarebbe stato l’allenatore della nazionale Under 20 stupendomi che Giannino Petrucci lo avesse preso nonostante il contenzioso che il tecnico campione d’Italia a Siena e Milano, pure lui coinvolto nell’inchiesta “Time out”, avesse in corso con la Federbasket. Oggi vengo invece a sapere da Sportando (e sarebbe il caso che anche la Gazzetta cominciasse a citare la fonte delle notizie) che è saltato l’accordo tra Banchi e Petrucci pare proprio per le ragioni che vi avevo raccontato quasi un mese fa. E dunque chi sarà il cittì dell’Under 20 azzurra? Potrebbe rimanere Sacripantibus. Non credo. E comunque, prima che rispondiate all’indovinello, vi svelo quello che so da tempo e doveva rimanere un segreto. Tra noi in Europa. So per certo che sotto Natale Ettore Messia Messina chiese a tre allenatori la disponibilità per questo incarico. Nell’ordine Banchi, Menetti e Buscaglia. Ora, dal momento che Max Chef ha cortesemente declinato l’offerta per motivi suoi, non resta che un papabile, ma io nomi più non ne faccio dopo aver bruciato, e me ne dispiace assai, dovete credermi, prima Vitucci e poi Banchi. Aggiungo solo che Mauri Buscaglia è il mio allenatore del mese di gennaio.