All’alba Mamma Rosa è scesa dalla luna, dove s’era presa per un mesetto la tintarella color latte, e ascoltando la grande Mina, che mercoledì ha compiuto 80 anni, è atterrata nel Paese dei campanelli dove ha fatto la scoperta dell’acqua calda: c’è una pandemia di coronavirus in Italia e c’è Papa Francesco che prega Dio di non lasciarci in questa tempesta. S’è precipitata allora al giornale e, correggendo il tiro degli ultimi tempi, ha sparato in testa alla prima pagina una manchettina piccina piccina che però ha fatto un baccano della Madonna: “Basket game over, il campionato di serie A chiuderà per virus: titolo non assegnato?” che è andato di traverso a Luca Baraldi che stava sorseggiando il primo caffè, ovviamente Segafredo, del nuovo giorno. L’amministratore delegato della Virtus di Bologna ha allora tirato giù dal letto Umberto Gandini, che almeno al sabato avrebbe voluto dormire sino alle otto e mezza, urlandogli furioso all’orecchio: “Non sei stato ai patti dopo tutto quello che ho fatto per te”. Il nuovo presidente della Lega, in carica da nemmeno tre settimane e già pentito d’aver accettato l’incarico anche se profumatamente remunerato, è caduto dalla nuvole e sbadigliando ha domandato: “Ma cosa è mai successo?”. “E me lo domandi? E’ successo che Pier Bergonzi ha scritto sulla Gazzetta che il campionato è finito. E passi. Ma ha soprattutto scartato l’ipotesi che lo scudetto possa finire alla Segafredo. E ora chi glielo spiega a Zanetti (Massimo, ndr) che ha buttato via quest’anno quindici milioni per non vincere nemmeno la Coppa Smeralda? Ma io faccio presto: mando una lettera a Djordjevic nella quale lo informo che da oggi non do più un euro di stipendio né a lui né ad un suo giocatore che si chiami pure Teodosic o Baldi Rossi”. E qui serve una (lunga) spiegazione. Altrimenti divento più criptico di Gesù Cripto Eleni e poi mi telefona Valerio Bianchini che mi chiede: per favore puoi aiutarmi a capire con chi ce l’ha e cosa vuol dire? Intanto spero che non vi siate bevuti la storia di Mamma Rosa che di punto in bianco dedica non una ma ben due pagine alla serie A chiusa per Covid-19 dopo aver trattato per settimane il basket peggio delle boccette, come fa abitualmente Auro Bulbarelli, il direttore di Rai Sport così culo e camicia con Matteo Salvini da somigliargli parecchio nella rotondità del viso e della pancia sino ad avvicinare entrambi all’idea (solo l’idea) del maialino da latte. Sì, d’accordo: mica siamo nati ieri, però ora spiegaci cosa c’entra Pier Bergonzi con la pallacanestro. In effetti, senza offesa, poco o nulla. In quanto ha dedicato una vita intera al ciclismo in Gazzetta, abbiamo fatto un paio di Tour de France e di Ghiri d’Italia insieme e forse anche i favolosi Mondiali in Colombia del 1995 (primo Olano, secondo Indurain, terzo Pantani), collega molto carino ed educato, è diventato qualche anno fa vicedirettore e da un paio scrive qualche corsivo di pallacanestro acqua e zucchero una volta al mese. Tutto qui. E quindi è vero: meraviglia che un giorno all’improvviso, prendendo spunto da un mio pezzo del 18 marzo (sic!) su questo blog e titolato: “Basket in quarantena: la serie A ricomincia a settembre”, Bergonzi, supportato dal bravo Vincenzo Di Schiavi, spari la bombetta arrivando a distanza di dieci giorni alle mie stesse conclusioni e cioè che solo i matti potevano pensare che la regular season si sarebbe potuta disputare a maggio e i playoff a giugno dopo che sono stati rinviati di un anno gli Europei di calcio e le Olimpiadi di Tokyo. Difatti ieri mi ha dato finalmente ragione Giannino Petrucci e oggi senza esitazioni pure Luigi Brugnaro nonostante, mi ha confessato, abbia sino a qualche tempo fa sperato di giocare almeno le final eight di EuroCup, l’anticamera dell’EuroLega. Napoleone negli ultimi tre anni ha vinto due scudetti e una Coppa Italia: quindi deve andare giustamente fiero di una Reyer che è una grande famiglia stretta intorno a Federico Casarin (presidente) e a Walter De Raffaele (allenatore dell’anno in odore di meritato azzurro). “Difatti ne vado molto orgoglioso anche perché nessuno della squadra ha ancora abbandonato Venezia”. E’ vero. Nonostante un paio di teste matte. Apro un’ultima parentesi e poi andrò al sodo: dopo lo stop ai campionati in Russia, Grecia e Israele, e il rompete le righe, cioè il tutti a casa di Khimki e Cska di Mosca, Panathinaikos e Olympiacos, Zalgiris e Maccabi presto salterà in aria anche l’EuroLega e insieme l’EuroCup. Jorge Bertomeu si dovrà arrendere come ha fatto Petrucci che però ha tutt’altro stile e la classe di un fuoriclasse scaltro della politica come del resto è il sindaco di Venezia nella foto durante un consiglio metropolitano accanto a Rocco, mio nipote. Che non vedo da oltre un mese e mi manca da morire. Un groppo in gola e si va avanti: bisogna. A Roma chiamano Giannino il Marchese del Grillo. E lui non se ne dispiace. Anzi. “Me dispiace, ma io so’ io e voi non siete un cazzo”. Mentre l’accosto, come gli ho detto ieri mattina, al suo grande maestro, Giulio Andreotti, facendolo ingrassare d’almeno un chilo. Sino ad una settimana fa il presidente federale era ancora schierato dalle parte dei quattro club più opulenti (Armani, Segafredo, Umana e Banco di Sardara) e aveva tirato le orecchie alle otto furbette che avrebbero invece preferito chiudere subito baracca e burattini. Ovvero Trento, Brindisi, Varese, Treviso, Cantù, Roma, Pistoia e Pesaro. Comunque sempre in minoranza. Dato che le società di serie A sono diciassette, mentre corre voce che il prossimo anno si ridurranno a quattordici per la rinuncia di almeno tre. Tra le quali non escluderei la Fortitudo già in difficoltà economiche e stranamente pappa e ciccia con la Virtus di Baraldi e Christian Pavani sempre incollato alle gonne di Morticia. Poi Brescia e Reggio Emilia si sono aggregate ai peones, le persone decedute in Italia da coronavirus hanno superato stasera le dieci mila, non c’è più da scherzare, questa è una tragedia mondiale, mio fratello per fortuna sta molto meglio e lascerà presto il reparto malattie infettive di Padova, e quindi cosa stiamo parlando a fare di continuare o meno la stagione di palla nel cestino? L’hanno oggi capito Petrucci e Brugnaro, Dino Meneghin e Ettore Messina. E così ora si aspetta solo che il Marchese del Grillo comunichi il suo game over a Giovanni Malagò. Il quale, in accordo con Vincenzo Spadafora, la prossima settimana metterà una pietra sopra a questo campionato senza scudetto e senza retrocessioni. E quindi adesso avrete – spero – anche inteso la ragione per la quale Luca Baraldi stamattina fosse in collera con Umberto Gandini e, di conseguenza, con Pier Bergonzi. Perché mi ero dimenticato d’aggiungere un’ultima cosa e poi il cerchio sarà definitivamente chiuso. Bergonzi è buon amico di Gardini: di Tradate lui e di Varese l’ex ministro degli esteri e abile pierre del Milan di Berlusconi e Galliani. Tredici chilometri e dieci minuti in macchina. Ma anche è (o era?) in ottimi rapporti con l’amministratore delegato della Segafredo Zanetti di ciclismo e basket. E dunque Bergonzi aveva fatto conoscere Gandini e Baraldi. Ed era nata la troika. Credo d’essere stato chiaro. Abbastanza. Tra un paio d’ore scatta l’ora legale. Così dormo minimo sino alle dieci e comunque ve lo anticipo subito: dopo diciotto giorni di fila domani non scrivo. Domani è domenica e voglio che sia un giorno diverso dagli altri. Speciale. Anche senza sport. Ho una montagna di riviste e vecchi giornali da leggere. E sono arrivato a pagina 233 dell’Estate che sciolse ogni cosa. Il romanzo di Tiffany McDaniel che sto andando velocemente a finire. “La vigliaccheria resta al palo, è sempre il coraggio ad avere la chance migliore. Eppure è sin troppo facile essere vili quando non serve che una bugia”. Strepitoso. Me ne stavo dimenticando. Nel pomeriggio si sono confrontati in video conferenza gli allenatori della serie A. C’erano tutti con i loro assistenti. Più il presidente del sindacato (Usap) Gianni Zappi. E questa è già stata un’ottima cosa. Come l’unità d’intenti. Difficile tra uno che guadagna più di centomila euro al mese e un altro al minimo sindacale. E la costituzione di un gruppo di lavoro formato da De Raffaele, Sacchetti, Pozzecco, Bucchi e Molin. Non male. Disposti anche a tagliarsi lo stipendio, ma comunque in mano al buon cuore dei presidenti e soprattutto dei padroni. Che non sono tutti generosi come Giorgio Armani, Napoleone Brugnaro e Stefano Landi. Che ho avuto il piacere di conoscere alla cena nella casa di campagna di Max Chef Menetti dopo il Premio Reverberi. Una persona da favola d’altri tempi che non lascerà la Pallacanestro Reggiana neanche il prossimo anno: ci conto e so che non mi potrà deludere.