Mi dispiace davvero tanto, e non sapete nemmeno quanto, che il sogno di Trento sia finito ad un tiro di schioppo dalla finale di EuroCup. Sarebbe bastata una tripletta o anche solo una doppietta per trascinare la sfida con Strasburgo almeno all’overtime. E invece il magnifico Julian Wright, che ai Toronto Raptors nel 2010 arrivò al posto di Marco Belinelli, per eccesso di zelo ha trasformato (a rimbalzo) un tiro libero sbagliato da Kyle Weems in un auto canestro che è costato proprio per quei due maledetti punti l’eliminazione dei monelli di Maurizio Buscaglia. All’andata delle semifinali i francesi avevano infatti perso in casa di sei, mentre ieri sera, nel palasport che guarda in faccia il Bondone, penso ancora innevato, hanno per la verità con merito vinto di otto. Peccato. Il PalaTrento era pieno come un uovo e innamorato pazzo di una squadra che ha di nuovo dato molto di più di quello che può dare. Lo sapevano tutti che Strasburgo, capolista dell’Lnb, era più forte e che in generale lo è il basket transalpino rispetto al nostro. Lo ha capito da tempo la Milano di Giorgio Armani battuta quest’anno due volte nella prima fase dell’Eurolega dal Limoges che è nona nel campionato francese e per il momento fuori dai playoff. Meditate gente, meditate. E poi non venite più da me a lamentarvi se ce l’ho con l’A7 di Gelsomino Repesa che è da settembre che ne sta combinando di tutti i colori. Però ho creduto lo stesso nel miracolo e, agitandomi molto sulla poltrona, ho tifato per Trento. Che se avesse vinto l’EuroCup avrebbe acquisito il diritto di partecipare alla prossima Eurolega. Non so se rendo l’idea. Sarebbe stato un casino in più per Giannino Petrucci che già non vorrebbe che Davide Pascolo e i fratelli di latte giocassero di nuovo l’Eurocup, bensì la Coppa Fragola 2016-17 della Fiba (al gusto bulgaro o albanese) che Bau Bau Mann ha anche il coraggio di chiamare Champions. Ora non voglio nemmeno dire che ieri il presidente federale abbia quindi gufato contro una squadra del suo Paese, però a pensar male degli altri, come sosteneva Giulio Andreotti, non proprio un pirla, si fa peccato ma spesso ci si indovina. Andreotti disse anche d’amare talmente tanto la Germania che ne avrebbe preferite due. E così Giannino vuole talmente bene al basket italiano che vorrebbe eliminare dalla serie A non solo la trentina di Ragno Pascolo, Peppe Poeta, Diego Flaccadori e Filippo Baldi Rossi, dimenticando Toto Forray da Buenos Aires e Luca Lechthaler da Mezzocorona, ma pure l’emiliana di Ricciolino Della Valle, Pietro Aradori, Achille Polonara, Stefano Gentile e Andrea De Nicolao, senza scordare che un giorno o l’altro, tra uno o due anni, anche Federico Mussini da St John’s tornerà a Reggio e non vorrei che trovasse il deserto dei Tartari al posto della GrissinBon. Ovvero i due club che sono il nostro orgoglio nazionale ed erano i cavalli di battaglia anche nel pensiero filosofico e politico di Petrucci prima che all’improvviso cambiasse idea per consegnarsi nelle mani di uno svizzero-francese che in Italia nessuno si è mai filato. A parte i sanremesi che hanno ospitato Patrick Baumann durante i suoi studi classici in una piccola squadra di basket nella quale non lo facevano neanche giocare se non portava il pallone a spicchi d’arancia. Dite che sono esagerato? Vi sbagliate. E allora vi devo anche insegnare a leggere tra le righe e poi vedremo se direte ancora che ho pompato il melodramma. A chi passa le veline quotidianamente il mio Giannino? Non è difficile. A Mario Canfora che affettuosamente chiamo C10H15BrO. Che è la formula chimica del bromuro di canfora antidoto della stricnina. Dove C sta per carbonio, H per idrogeno, Br per bromo e O per ossigeno. Fidatevi, ero un asso al liceo nelle salificazioni. Ebbene il giornalista della Gazzetta ha scritto in coda al suo pezzo di martedì: “Se si dovesse andare al muro contro muro (tra Federazione e Lega, ndr) la Fip sarebbe pronta ad escludere dal campionato le tre”. Che poi sarebbero le tre coraggiose ribelli: Trento, Reggio Emilia e Sassari. Una notizia che suona a minaccia: state attente a quel che fate. E adesso pensate ancora che prenda lucciole per lanterne? No. E non vi cadono le braccia? A me avvilisce soprattutto che gli altri giornali, grandi o piccoli che siano, facciano buon viso a cattiva sorte e non dicano niente di fronte a questi ricatti di palazzo belli e buoni. E mi delude molto che stia zitta (e se la mangi in insalata) persino l’associazione sindacale che quanto meno dovrebbe difendere il posto di lavoro dei giocatori italiani. O forse la Giba non esiste più? No, c’è ancora se il 15 marzo scorso a Bologna ha confermato in assemblea Alessandro Marzoli presidente e suo vice Mario Boni. Che ho sempre stimato come un grande combattente, sul parquet e fuori, che non indietreggiava neanche davanti al diavolo travestito da Confraternita dell’Osiris o di Sky. A domani. Che ho una bomba tra le mani che farà saltare dalla seggiola più di qualcuno con i capelli per aria.