Ma non avevi detto che questa nazionale di Prandelli, che tu chiami Giacchetta, ti garbava poco? Sì e te lo rimetto per iscritto. Così ti dimostro come il mestiere del voltagabbana o del girella o del banderuola, chiamalo come vuoi, sia il più facile del mondo. Soprattutto se appartiene alla scuola di pensiero di Gianni Brera fu Carlo del quale io, modestamente, presi fisicamente il posto. Ovvero mi sedetti alla sua scrivania e affondai le dita nella stessa Olivetti quando nell’autunno del 1979 entrai a far parte della grande redazione sportiva del Giorno e lui passò al Giornale prima di scappare a Repubblica. Quindi anche Brera, è inutile che tentiate di nasconderlo al mondo intero, ha lavorato per Silvio e dal fratellino del Berlusca ha beccato lo stipendio. Il Maestro di tutti i giornalisti italiani non sopportava il Vecio e di Bearzot diceva peste e corna soprattutto dopo aver alzato tanto il gomito da dover essere portato a spalle a letto. Per la verità l’antipatia era reciproca, ma questa è un’altra storia che un giorno vi andrò a raccontare. Ricordatamelo come quella che ho ancora in sospeso con Fabio Caressa e che mi sono ben legata al dito. Nell’82, era luglio, Brera aveva scritto prima di Brasile-Italia che avremmo perso di goleada e dopo il 2-3, tripletta di Pablito, che avrebbe messo il saio dei flagellanti e seguito la processione di San Bartolomeo al suo paese col caldo di agosto. Non so se fece questa penitenza, però di certo giusto una settimana dopo celebrerò “il santo catenaccio riscoperto da Bearzot” e volò anche lui entusiasta sul carro dei campioni del mondo. Col Vecio che fumava la pipa e Pertini che giocava a scopone con Zoff contro Causio e “il bravissimo e un po’ fissato Ct”. Quindi cosa volete che ci voglia adesso per un dilettante allo sbaraglio e un saltimbanco manigoldo come me di spiegarvi perché avevo pronosticato un pareggio con i figli di Albione e invece è stata vittoria più un palo e una traversa? Semplicemente m’ero dimenticato che l’Inghilterra non vince con l’Italia da un paio di guerre puniche e che è allenata da Roy Hodgson, un tecnico che conosco molto bene dai tempi dell’Inter che ha allenato in due riprese senza lasciare alcun ricordo. Parlava come Stanlio e mi sembra stia ingrassando come Ollio. Era grande amico di Giacinto Facchetti col quale divideva il livore per la Juventus. Che ieri sera si è fatta di nuovo odiare da una rasoiata di Marchisio dopo un velo impietoso di Pirlo. Così impara. Hodgson ha allenato anche le cavallette del Grasshoppers e pure la nazionale svizzera, l’Udinese e la Finlandia, il Fulham e gli Emirati Arabi, ma l’unica sua vittoria da menzionare è datata autunno del 1989. Quando al primo turno della Coppa Campioni riuscì ad eliminare con il Malmoe proprio l’Inter. Capirai che impresa. Punto esclamativo. O di domanda? A voi la scelta. Mentre colgo l’occasione per chiedere scusa anche alla Gazzetta se nei giorni scorsi sono stato con lei cattivo. E’ stato l’unico quotidiano in verità che ha celebrato come si doveva il successo degli azzurri a Manaus quando in Italia dopo il temporale era quasi l’alba e le ultime trombette in fondo alla strada finivano di suonare nella notte celebrata dalle migliori firme che ha. Ovvero quelle di Luigi Garlando e Sebastiano Vernazza.