La nazionale è diventata la barzelletta d’Italia

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Ormai Giannino è una macchietta. Più divertente di Macario che era pure di una innocente e candida comicità. Con quel ricciolo impertinente in mezzo alla fronte e quel sorrisetto furbo più che smaliziato. Adesso magari i più giovani neanche sanno chi sia stato il simpatico attore torinese che nel teatro di rivista del dopoguerra ebbe un grande successo al fianco di Wanda Osiris e di Lauretta Masiero. No, la Banda Osiris è un’altra cosa e allora cambio al volo il paragone. Così ci capiamo tutti e per una volta non tiro in ballo Ciccioblack Tranquillo che è personaggio di una comicità tanto grottesca quanto odiosa. In particolare quando, come nel finale di Italia-Croazia, ha avuto la sfacciataggine di gridare in diretta: “Mi verrebbe quasi quasi voglia d’urlare”. Perché di solito cosa altro fa? Forse non strilla? Tanto che sabato sera l’hanno sentito sino in fondo alla bocca di porto di Malamocco e hanno subito chiamato il 118 per soccorrerlo con urgenza. Ormai Giannino è diventato una barzelletta, lasciando in pace i carabinieri, molto più divertente di Wanda Nara, la moglie-manager del povero Mauro Icardi. Nessuno infatti è mai stato sfiorato un solo istante dal dubbio che Petrucci potesse dare le dimissioni dopo la Caporetto (pre)olimpica o che battesse in ritirata con la coda tra le gambe e le scarpette rosse ai piedi. Né che si buttasse nel Po con una pesante pietra al collo. Come dicevano sottovoce i suoi detrattori che non sono neanche pochi, checché lui ci voglia credere o meno, e in numero sempre più crescente nelle ultime ore: “Se non va a Rio col Messi(n)a e Gallinari, Belinelli e Bargnani, quello si spara e, se non s’ammazza, si toglie dalle palle”. In quale film? Forse di fantascienza, ma nemmeno. E comunque l’avete mai visto voi un politico che per una sconfitta di pur così vasta risonanza si sia cosparso il capo di cenere e abbia ceduto la poltrona ad un altro? Io mai. Tanto più se ha tutta la stampa di regime dalla sua parte e solo una voce stonata, la mia, fuori dal coro dei leccaculo di mestiere. Del resto, quando ieri ho cortesemente invitato Giannino a non prendersela troppo e a togliere il disturbo in quattro e quattr’otto, neanche per un attimo ho pensato che mi potesse dar retta. O mi ritenete così sciocco e ingenuo? Perché sarò anche Cassandra o Don Quijote senza mancia, vecchio e rincoglionito, anzi proprio un bastardo come lui puntualmente sottolinea ogni qual volta gli va di traverso il primo caffè amaro del mattino e gli raccontano le due monate che ho scritto, ma non tanto stupido provocatore da credere che i bambini li portino le cicogne o che questa nazionale d’illustri perdenti di successo, a parte Hackett, Gentile, Melli e qualche altro, di cui ora non ricordo il nome, fosse la migliore e la più forte della storia di tutta la pallacanestro italiana. Come sentenziò il vostro presidente federale, più fuori di un balcone, per disprezzare il quinto posto europeo di Lilla e per sbarazzarsi di Simone Pianigiani a furor di popolo. Anzi, sapete cosa vi dico adesso? Che quello di sostituire il senese della Lupa con il catanese di via Aleardi è stata la stupidaggine meno grave che Giannino Petrucci ha commesso dopo il suo acclamato ritorno a Palazzo. Perché nella sostanza questo non è stato probabilmente nemmeno un errore, se non nella forma e nei modi usati dal tiranno di San Felice Circeo. In fondo chi non avrebbe desiderato di ridare a Ettore Messina la guida di una nazionale che da una dozzina d’anni era fuori dai Giochi dopo aver vinto l’argento con Re Carlo Recalcati? A proposito, di lui ora vi vorrei parlare, ma ho davanti a me un’estate e quindi non mi mancherà l’occasione per farlo. Come troverò anche il tempo, potete contarci, per elencarvi dalla A alla zeta tutte le cose brutte e sbagliate che si è inventato Giannino negli ultimi mesi per riuscire poi a non andare neanche alle Olimpiadi come le Filippine. E senza per questo dover aprire l’armadio degli scheletri. Adesso vi devo raccontare le barzellette perché altrimenti finisce che me le dimentico. Una è il filmato di mezzo minuto che la federbasket ha mandato in rete ventiquattr’ore prima della disfatta di Torino. Nel quale il deludentissimo Mago, che davvero se sparisse ci farebbe solo un favore, e l’uomo mascherato di nome Marco Belinelli segnano canestri da tutti i cantoni accompagnati da musiche trionfali e da queste parole a caratteri cubitali: “Aspettiamo questa notte da dodici anni, aspettiamo questa notte dal 28 agosto 2004, giorno della finale di Atene. Non vogliamo smettere di sognare”. Difatti viviamo ancora in un incubo. L’altra invece è l’intervista che Petrucci ha rilasciato a Mamma Rosa che in verità non ho letto. Mi è bastato il titolo pazzesco: “Dovete osannarci come l’Italia di Conte” per pensare a uno scherzo. Anche se di cattivo gusto. Peccato che non abbia fatto ridere nemmeno i polli del suo disgraziato cortile. A domani.