Oltre tutto non lo posso vedere. Come mi succede ogni qual volta mi cade l’occhio sullo Zio Aurelio e i suoi capelli unti da una calda leccata di mucca. Lo stesso irritante fastidio. Fabio Fazio anche peggio del presidente del Napoli che si crede un padreterno e magari anche lo diventerà se un giorno dovesse allungare le mani sullo scudetto come ha fatto Napoleone Brugnaro. Un altro che vivamente vi raccomando. Ma oggi non parlo di pallacanestro. Forse domani. Quando saranno scesi tutti dal bucintoro, che per i veneziani è il carro dei vincitori, e anche Ninetta potrà montare in gondola e tornare al Lido. Di Fabio Fazio non mi è mai piaciuto (quasi) niente. Cominciando dai suoi sorrisini ebeti e ipocriti, che non ingannano più nessuno, dagli ospiti fissi e pure finti, da Lucianina Littizzetto che ha finito anche lei per stufarmi, dagli amici che sono sempre quelli: presentano i loro libri e si prendono solo applausi. Avevo sperato che la puntata con Fiorello fosse stata davvero l’ultima di una serie troppo lunga. Ma va. Che tempo che fa tornerà ad autunno. Non più su Raitre ma addirittura su Raiuno che è meno comunista e più simile a lui. Ovvero democrista di vecchio stampo. In prima serata alla domenica. Quando per fortuna c’è il posticipo. In seconda serata al lunedì. Facendo a cazzotti con Bruno Vespa. E questo sarà l’unico divertimento. Fazio ha preso tutti quanti per il sedere. Minacciando di fuggire tra le braccia di Cairo, ma poi Fiorello l’ha avvertito: “Attento, Urbano ha il braccino corto” e allora Fabio non ha più detto: “Se il teatrino di viale Mazzini è diventato quanto guadagno, io tolgo il disturbo”. Difatti. Per tenere lui hanno cambiato le regole e persino le tegole sul tetto dei compensi. Uno schiaffo ai poveri e al Parlamento, ha tuonato Michele Anzaldi, che pure è un renziano di ferro. E non vi dico neanche quanto Effe Effe intascherà da qui a giugno 2021. Tanto lo sapete tutti. Ma mi vergogno un po’ per lui. E non per la cifra molto robusta, ma perché immeritata. Così come arrossisco per De Laurentiis che all’ultima cena di fine stagione, al solito ristorante e davanti a tutta la squadra, si è raccomandato con Jolanda Ruiz, la moglie di Pepe Reina, di vigilare più sul marito che la sera gioca a carte, briscola e tressette, e va a letto tardi. Per questo nemmeno voglio pensare a cosa dirà lo Zio Aurelio l’anno prossimo quando il Napoli vincerà lo scudetto. Come penso e non mi auguro. Dopo aver visto il teatrino che ha messo in piedi Napoleone Brugnaro per quello del basket. S’alza il vento, Dio che bello. E, dopo il vento, la pioggia benedetta. Per ora solo due gocce, ma il temporale non è lontano. Comincia a piovere anche tra le pieghe di Assen. Dove alla staccata della doppia esse Valentino Rossi supera Petrucci, Danilo e non Giannino, a tre giri dal traguardo e vola a vincere il MotoGp d’Olanda in volata. A 38 anni. Centoquindicesimo trionfo. Come lui mai nessuno. Uno spettacolo nello spettacolo. Giustamente e profumatamente pagato. Questo sì. Dopo la grandine il sole. E fa di nuovo caldo. Non importa. Andrea Dovizioso su Ducati è leader del Mondiale, ma non si dispiaccia se tutta Italia tiferà ancora per Valentino e per il suo decimo titolo. Che è lì. A sette punti e a portata di mano. Sgommando.