Sono cinquecento. I miei primi cinquecento articoli di basket che ho scritto su questo blog dal 26 aprile 2014 ad oggi. Potrei raccoglierli in un libro. Se trovassi un editore. Ma anche no. Sono troppo pigro e poco ruffiano. E pennivendolo libero: questo sì. Tiremm innanz. Che sarà il caso. Come sospirò in dialetto milanese Antonio Sciesa, detto Amatore, mazziniano e martire, passando sotto le finestre della sua casa prima d’essere fucilato al Castello Sforzesco dal “gendarme austriaco” e aggiungendo solo alla guardia che lo teneva ammanettato: “Podi minga parlà, e parli no”. E non parlò. Potessi invece io parlare ve ne racconterei di molto più carine, ma non sono nato eroe e quindi non sapete quante volte ogni giorno mi mordo la lingua e mi cucio la bocca. E, se anche svuoto il sacco, subito mi raccomando che la cosa almeno resti qui tra noi in Europa o al massimo, se proprio non ci riuscite, fatele fare un solo giro del mondo. Un glossario per non baskettari potrei però darlo alle stampe. Così nessuno mi chiederà più perché mi sono inventato per Tonino Zorzi il soprannome di Paron e per Riccardo Pittis quello d’Acciughino. Di qua Scilla e di là Cariddi in un ristorante di pesce sullo Stretto. Zorzi allenava a Reggio Calabria e per lui tutti avevano un rispetto tale, soprattutto dopo che aveva eliminato dai playoff la grande Milano di Michelino D’Antoni e Bob McAdoo, che le madri gli porgevano i figli, perché li baciasse sulla fronte, e i padri si toglievano la coppola al suo passaggio. Esagero? Magari un cincinin. Per dirla alla piemontese, ma almeno ci siamo capiti. O no? Di qui l’epiteto di Paron, anche in ricordo di Nereo Rocco. Triestino come lui o, meglio, giuliano perché non so se un goriziano doc s’offenda se gli dai del triestino. Forse sì e comunque glielo chiederò stamattina dal momento che ci sentiamo al telefono anche due volte al giorno. “Ti gà visto Alessandro Gentile in television: come te pare?”. A mi ben. E a ti? “Mi digo che xé meio dell’anno passà”. Serve la traduzione? Spero di no. “Certo è che non occorreva che andasse negli States per aggiustarsi il tiro. Sarebbe bastato che suonasse il campanello in via Parini al civico 16”. Dove a Gorizia abita il Paron. Che se non esistesse bisognerebbe inventarlo. A tal proposito non so dove l’ho letto, ma domenica nella partita della Segafredo contro la Betaland finita tanti (88) a pochi (52) Ale Gentile, doppia-doppia, 17 punti + 12 rimbalzi, è tornato a segnare una tripla dopo 25 partite giocate tra Milano, Atene e Gerusalemme. Qui ci vuole un brindisi. Anche per festeggiare i miei 500 pezzi su questo blog. Ma senza esagerare: altrimenti i soliti idioti poi dicono che siamo due ubriaconi molesti. Enfatizzando Stadio ha invece subito titolato: “Gentile è già un leader vero”. Al punto che Bologna deve affrettarsi a proporgli un’estensione del contratto. Calma e gesso. Tanto più che l’Olimpia, a parità d’offerta, ha il diritto di prelazione sullo scugnizzo. Fidatevi. Anche Wikipedia ha riconosciuto che il soprannome di Paron che ho dato a Tonino Zorzi è legittimo. Come quello di Acciughino per Riccardo Pittis che, la prima volta in cui ho avuto il piacere d’intervistarlo in una trattoria sui Navigli, aveva appena compiuto 18 anni, era un chiodo e non beveva ancora vino, ma scommisi che sarebbe diventato un grande. E difatti, di lì a poco, ed era il 1987, in un sol colpo vinse Coppa dei Campioni, scudetto, Coppa Italia e Coppa Intercontinentale. Non so se mi spiego. Era la Tracer di Gabetti e Morbelli, che io chiamavo Sgambetti e Morbillo. Di qui la passione, che non ho mai perso, per i nomignoli che ideavo per il mio caro Basket nel cestino sul Giorno. Anzi, mi diverte sempre di più accostare il soprannome ad un cognome di un personaggio di spicchio della nostra pallacanestro. E spesso anche ci azzecco andando al passo coi tempi. E così Tranquillo è stato prima Cicciobello e poi è diventato Ciccioblack. Oppure Crespi era Paperoga e adesso è con la barba Ezechiele Lupo. Anche se sarei tentato di chiamarlo Crespolo, l’ottavo nano, come mi ha consigliato un amico fortitudino. Ebbene ho deciso: un glossario per i baskettari (e non) posso proprio buttarlo giù ed è quasi pronto. Mi basterà solo mettere in ordine alfabetico Napoleone Brugnetta (Brugnaro), Ray Ban (De Raffaele), Pesciolino rosso e ora tricolore (Casarin), Pipita (Orelik) e, allontanandoci dai campioni d’Italia, inventarmi qualche altro nomignolo oltre a quelli già noti di Nazareno (Pianigiani), Livido (Proli), Gas Gas (Trinchieri), Fred (Buscaglia), Artiglio (Caja), Sotto (Banchi), il Banco di (Sardara), Re Carlo (Recalcati), Patata (Di Carlo), MaraMeo (Sacchetti), Max Chef (Menetti), Ricciolino (Della Valle), Sacripantibus (Sacripanti), Gelsomino piangente (Repesa), Superbone (Vitali), Chi l’ha (Trovato)? La Virtus, la Formica atomica (Pozzecco), gli ex Bonsai di Caserta (Gentile–Esposito), il Tigre (Dell’Agnello), Dindondan (Peterson), Gabibbo (Sbezzi), Iena Ridens (Bassani), C10H16O (Canfora), il Conte Zapelloni Mazzanti Viendalmare, Cilione (Totti), l’Anonimo Veneziano (?) di Trombone Papetti e via dicendo. Anche se i miei preferiti restano So-na-lagna (Soragna) e Spiro (Leka).