Dall’EuroCamp di Cesenatico dove in questa prima settimana di luglio sono in mille e sessanta. Mille e sessantuno con mio nipote Rocco, sette anni il 7 d’ottobre, il più piccolo di tutti. Duecentocinquanta giocano a pallacanestro. Gli altri a calcio o a pallavolo. Altri ancora fanno gim and dance. Una gran bella famiglia. Simpatica e felice. Sportivissima. Oltre centocinquanta gli istruttori. Un’organizzazione perfetta. Adesso sono tutti in piscina o in spiaggia. Qualcuno di loro un giorno diventerà anche famoso. Come è successo ad Awudu Abass. Che domani partirà per gli States. Dove si allenerà con Oklahoma City e parteciperà con i Thunder alla Summer League. Sognando la Nba. Come io da giovane sognavo la California assieme ai Dik Dik. Anche in azzurro Abass gioca con la maglia numero 23: i ragazzini passano davanti alla tivù accesa su Olanda-Italia. Qualcuno lo riconosce e si ferma. Lui infila una tripla che, se la sbagli, ti verrebbe da ammazzarlo. Ed è un boato nella sala del camp che si va riempiendo. Poi fanno fisco tutti gli altri. Che in pochi sanno chi sono: Tessitori, Vitali, Biligha. Rocco mi domanda: “Ma è forte, nonno, l’Olanda?”. No, è molto scarsa. E mi è difficile spiegargli che noi siamo più tristi ancora. Imbarchiamo acqua. Affondiamo: meno 16. Svogliati e spenti. Nessuno di loro è rimasto ad assistere a quel disastro. Irriconoscibile è anche Aradori che mi sembra persino grasso al punto d’essere stoppato due volte da due tulipani. Questo ieri, prima di cena. Questo è il basket di Azzurra fragile, altro che tenera, che i giornali non vi raccontano e che non piace. Non interessa. Non accende. E lascia che Giannino (Petrucci) dica: è invece una vergogna. Il presidente aveva puntato sul ciapa e tira di MaraMeo Sacchetti. Esagerando. “Io ho paura dei geni”, aveva confessato prima che le beccassimo dalla Croazia. “Mentre Meo è come Zidane, una persona normale che ottiene risultati”. Ora, a parte il fatto che per me è un genio del pallone, Zinedine ha conquistato le tre ultime Champions. Non so se mi spiego. Mentre persone normali sono state altri ex cittì d’Italia : Sandro Gamba, Valerio Bianchini, Boscia Tanjevic, Carlo Recalcati. Che pure qualcosa hanno vinto. Anche più di Sacchetti. O mi sbaglio? Che poi Bianchini e Tanjevic siano geniali e affascinanti un paio di spanne sopra a tutti, e che caso mai Ettore Messina fosse un po’ complicato, questo il presidente deve spiegarlo proprio al suo cittì che tiene lontano da sé il grande Boscia, temendo persino la sua ombra, peggio di Ulisse nel Carosello del caffè Hag. Robe da matti, altro che di kappa. Oggi proprio al Vate di Torre Pallavicina ho chiesto il permesso di copiare quello che ha scritto dalla sua riserva indiana su Facebook come dovrebbe imparare a fare con me il figlio di Mamma Rosa che io chiamo C10H16O. Ovvero Canfora. E lui me l’ha concesso. Onoratissimo. “La nazionale di basket è come Holiday On Ice. Ogni anno propone gli stessi numeri: che bel gruppo che siamo, come stiamo bene insieme, con il nuovo allenatore sì che c’intendiamo… Il politically correct uccide gli azzurri”. In quattro righe la sintesi perfetta di tutto. Con classe. Tanto che desisto subito d’andare oltre con le mie ciance su Azzurra fragile e torno all’EuroCamp. Dove i ragazzi stanno rientrando dagli allenamenti pomeridiani e non vedono l’ora di tuffarsi sotto la doccia. Dove ieri sera Dan Peterson ha dato il benvenuto a tutti e stamane ha insegnato a quelli della pallacanestro la meccanica del tiro: una lezione che sarebbe servita pure ad Abass che qui è nato e cresciuto. Dove che si giocasse Brasile-Messico del Mondiale di Russia non importava un fico secco a nessuno. A tal proposito semmai mi va solo d’accostare MaraMeo Sacchetti a Gian Piero Ventura, l’ultimo sfortunato cittì prima di Meches Mancini, e così la mia cattiveria quotidiana l’ho scritta. Mentre a C10H16O regalo una chicca per domani: Carlos Delfino, il 36enne argentino di Santa Fè, educato al basket da Tonino Zorzi a Reggio Calabria, oro olimpico ad Atene 2004, giocherà il prossimo anno nella Fiat Torino dei Do Forni e di Larry Brown che l’ha già allenato nei Detroit Pistons. Tanta roba.