Le cose che non si possono dire. E che vi dirò lo stesso. Anche se magari non piaceranno a molti e soprattutto ai diretti interessati. E comunque non è per questa ragione che negli ultimi tempi ho un po’ trascurato il mio blog. Ma non mi è sfuggito niente: statene certi. Nemmeno che ieri sera la seconda puntata del nuovo magazine televisivo, amarcord degli anni ottanta, che è costato un occhio della testa alla Lega delle sedici società di serie A, ha patito un black out, poveraccia, di almeno un quarto d’ora dopo pochi minuti dall’inizio della diretta dallo studio milanese di Guido Bagatta. Già LBA On Air, che non è un kit satellitare con tanto di parabola, è vista (per non voler infierire) da pochi addetti ai lavori. Quando poi ci mette anche lo zampino Ciccioblack, o chi per Tranquillo, non sta a me indagare, però lo schermo nero non può essere che farina del suo sacco, mi permetto di consigliare al presidente Egidio Bianchi di cambiare almeno il nome ad un’iniziativa che aveva come obiettivo unico e dichiarato quello di “aumentare e migliorare la visibilità del nostro campionato e dei suoi personaggi”. Ma in quale film comico? Magari intervistando Francesco Coco, ex di Milan e Inter, Toro e Livorno, nonché Lanerossi Vicenza, che per sua stessa ammissione non ne capisce un tubo di palla nel cestino, come del resto il vostro pennivendolo da strapazzo, ma non è nemmeno appassionato del gioco più bello del mondo? Al quale per la verità Repubblica lunedì non ha dedicato nemmeno una riga di commento nonostante domenica si siano affrontate le prime due della classe e non ci fosse il calcio neanche di serie B. E non mi si venga a raccontare che non sapeva che la Reyer avrebbe affrontato l’Armani al Taliercio perché sabato Nicola Apicella aveva fatto una lunga chiacchierata con Walter De Raffaele che ha occupato l’intera pagina 51 col titolo virgolettato “Tutta la gioia della mia Venezia per provarci contro Milano” che aveva fatto venire l’acquolina in bocca pure ai lettori del quotidiano di cui Mario Calabresi è il direttore. Ora anche capisco che la nostra pallacanestro si è infilata in un tunnel che pare senza uscita, a parte un paio d’eccezioni come per l’appunto le due società di Giorgio Armani e Napoleone Brugnaro, sperando nella Virtus, e che i dirigenti della pallavolo sono, se non più bravi, almeno molto più furbi di quelli del basket, ma che Suor Giovanna da Novara meriti tutta l’attenzione che ha avuto per lei e per la sua Paola Egonu proprio l’inserto di Repubblica di lunedì scorso, mi sembra francamente un’esagerazione e una faccenda più pruriginosa, piccante e scabrosa che sportiva. Più ancora degli “arbitri del Lazio in trincea e pagati dopo otto mesi” e della “partita crudele dei gemelli Ricci” nel recupero Spezia-Benevento 3-1 nel quale hanno segnato entrambi, uno contro l’altro. Capirai. Coda alle edicole. Nessuno le ha detto invece che Bruno Cerella era mercoledì sera a Milano negli studi della Rai per Overtime, il settimanale di Edi Dembinsky e Stefano Michelini che l’hanno visto chattare sotto ai loro occhi ogni tre secondi con Belen Rodriguez. Altrimenti avrebbe mandato almeno uno dei suoi inviati speciali. Così magari avrebbe risolto il quesito per il quale Mamma Rosa e il suo Fuorigioco stanno perdendo il sonno: vanno insieme Belen e Bruno il bello? E avrebbe soprattutto visto se dopo la trasmissione Cerella è andato diritto a letto in compagnia o da solo. Oppure se nella notte è tornato in laguna. No, questo ve lo posso assicurare anch’io: ha dormito in un hotel dalle parti di Corso Sempione. Vi avrei voluto dire tante altre cose che non si possono dire, ma si è fatto tardi e Armani-Baskonia, delicatissima sfida d’EuroLega, non me la posso perdere per nessuna ragione al mondo. Ma se Larry Brown, il santone del basket nell’America a stelle e strisce e non certo a Torino, due punti in classifica meno di Pesaro, pensa d’averla passata liscia con le sue scandalose interviste al New York Times e alla Gazzetta, si sbaglia di grosso. Anche perché la professoressa che mi cura la sciatica ha scoperto che la mia posizione antalgica ideale è quella seduto sulla seggiola coi braccioli davanti al computer. E quindi prossimamente passerò i miei pomeriggi a scrivere Uno dieci cento Massone scimmiottando Verdone e occupandomi della Banda dell’Osiris per la quale, è risaputo, ho un debole mal ricambiato. Ma non vi lascio prima d’avervi raccontato di Dominique Johnson, il mio caro Scaramacai (nella foto), che la Reyer ha avuto fretta di licenziare. Sabato aveva praticamente già detto sì a Milano e in seconda battuta a Varese, avendo con Pistoia un contratto tra l’altro che scade a gennaio. Eppure domenica ha giocato una partita con i contro-cazzi a Sassari: 32 punti sputando l’anima e in pratica costringendo il presidente Massimo Capecchi e il diesse Giulio Iozzelli a non poterlo più cedere, ma semmai a tenerselo ben stretto sino a fine stagione. Chapeau. E gli ammutinati del Banco di Sardara imparino.