Quelli del golf li conosco bene. Ahimè. Sono egoisti, mitomani, pieni di sé o, meglio, di loro stessi. Tanti piccoli De Laurentiis tanto per capirci. Li ho frequentati per un bel po’. Anche troppo. Tutti irascibili prima di sfoderare il driver come una sciabola al tie della uno della prestigiosa Coppa Fragola: neanche dovessero giocare la Ryder. Esigono un silenzio di tomba: soprattutto le contesse, come chiamo le donne del golf con la puzza sotto al naso. Guai a chi fiata e figuriamoci se scarta o ciuccia una caramella. Lo potrebbero anche fulminare con uno sguardo. Ovviamente parlo dei dilettanti che frequentano i circoli. Grandi e piccoli. Peggio i grandi, magari avanti con gli anni, il più delle volte davvero insopportabili. Aggrappati al loro handicap come ai soldi. Spesso imbroglioni e petulanti: “Non riesco a capire perché il drive mi si apra ogni volta così a sinistra”. Meglio a sinistra che a destra, replicavo sempre per provocarli. Nei club soprattutto del Veneto, ma sarà uguale anche da altre parti, si pensa ancora che i comunisti mangino i bambini e ti considerano un appestato se voti non dico Satana Bersani, ma anche solo il boyscout Renzi. “Eppure durante la settimana ho fatto tre lezioni con il maestro e ben cinque cestini di palline in campo pratica” prima di finire come al solito col t-shot di partenza nel bosco di sinistra che non sarà lontano più di centoventi metri. “Dio che sfortuna”. Già, è sempre colpa della sfiga. Ma quella quercia è lì da chissà quanti lustri, obiettava serio il simpatico Duncan Muscroft da Leeds che è tornato insegnare a Creazzo, alle porte di Vicenza. “E non è carino che tu la colpisca ogni volta”. Quelli del golf non li schiodi in verità dal loro mondo giurassico nemmeno con le cannonate, ma forse con le frecciatine sì ed allora io ci provo lo stesso, ben sapendo che sarà dura comunque, a scoccarne almeno un paio al giorno dal mio terribile vecchio arco. E adesso avanti con l’altro golf, quello che sul serio ancora mi diverte e mi entusiasma. E’ piovuto ieri anche nel Kentucky. Tuoni e fulmini come nelle nostre montagne. Difatti sarà mancata un’ora alla mezzanotte che è saltato persino il collegamento con il Pga Championship di Valhalla e Sky ha dovuto mandare in onda Momenti di Golf, la rubrica settimanale che mi ha scippato, ma di questo ve ne parlerò un’altra volta. Come sul Tourmalet si è sgranato il gruppo dei migliori e a metà dell’ascesa, cioè dopo 36 buche, Rory McIlroy è passato al comando con -9 e un colpo di vantaggio su Jim Furyk, il 44enne signore della contea di Chester, in Pennsylvania, e sull’australiano Jason Day col miglior score (65) di giornata. E due sugli americani a stelle e strisce Rickie Fowler e Ryan Palmer oltre al sorprendente finlandese Mikko Ilonen. Difficile sarà riprendere il numero uno al mondo, ma è sicuro che campioni del calibro di Phil Mickelson, Henrik Stenson e Lee Westwood, non staccatissimi, le tenteranno tutte per riuscirci. E’ sfilato più indietro in classifica SuperDodo Molinari, due bogey e sedici par, neanche un birdie, che sotto la pioggia si è difeso con il suo passo tranquillo e difatti non è scoppiato: occupa comunque la 17esima posizione a 6 colpi dal magnifico nordirlandese. Out Tiger, ancora dolorante alla schiena. In crisi “patocca”, come dicono dalle sue parti, Matteo Manassero che ha chiuso l’avventura nel quarto e ultimo Major della stagione con un avvilente +15 avvelenato da addirittura quattro doppi bogey in due giorni. Stasera dalle 21 terzo giro e altra corsa da non perdere con Silvio Grappasonni che è stato persino criticato da due o tre asini che sicuramente frequentano uno dei tanti circoli di somari e d’ignavi che esistono in Italia. Dove si danno un sacco di arie magari solo perché nello scorso millennio hanno vinto la famosa Coppa Fragola rubacchiando a più non posso. Non ragioniam di lor ma guarda e passa è quel che suggeriva Dante nell’Inferno (canto III) ed è quel che consiglio io nel mio piccolo a Grappasonni che considero uno dei primi tre telecronisti di Sky in assoluto se non addirittura il numero 1 come direbbe quel gran ruffiano di Dan Peterson.