Non so a voi, ma a me è venuto un appetito che all’ora del tè ho chiesto alla Tigre cosa ci fosse per cena. Un pasticcio di finferli. Può andare. Soprattutto se i funghi sono del bosco dietro casa. Raccolti quasi come l’insalata nell’orto. Raramente leggo le pagine di cucina. Forse perché, non sopportando il formaggio, sono un bel problema per la nouvelle cuisine. Oppure semplicemente perché sono una mascella selvaggia come ama descrivermi mia moglie agli amici con la solita (e solida) franchezza. Una pagina della Stampa di giovedì scorso ha tuttavia catturato la mia attenzione. E in particolare due rubriche: Doctor Chef di Federico Ferrero e Il bello & il buono di Edoardo Raspelli. “Cogliere i fichi dall’albero è un piacere biblico” è il titolo-civetta di Ferrero che mi è piaciuto molto. Come l’articolo che inizia così: “l’unico albero dell’Eden citato con il proprio nome è il fico, da sempre per i popoli del Mediterraneo simbolo di prosperità e d’abbondanza”. I fichi che si sposano benissimo in Sicilia al cioccolato. O in Puglia la marmellata di fichi da spalmare a colazione sul pane fresco. Meno andrei pazzo per i fichi tiepidi con due lamelle di bottarga, o un pezzo d’acciuga, una fogliolina di maggiorana e un nulla di paprika dolce, ma forse sono io che sono allergico alle ricette complicate. Dalle mie parti poi si dice: all’amico pela il fico, al nemico il persego. Ovvero la pesca che ha la buccia vitaminica. Ancora più godibile Edoardo Raspelli, audace e severo critico gastronomico, che oltre tutto scrive benissimo e mi suggerisce “gnocchi di zucca e coniglio al forno” ad Arola, nel Verbano, in verità non proprio dietro l’angolo, ma prima o poi giuro che ci faccio un salto. “Arriverete accanto alla chiesetta cinquecentesca dedicata a Maria Assunta a dominare meravigliosamente il lago d’Aorta, compresa l’isola di San Giulio… Una casa da bambole, lussureggiante per cespugli di ortensie e balconate di gerani… Mamma in cucina, papà in sala con due figlie laureate, per piatti da leccarsi i baffi… Divertente barattolo di bollito misto, millefoglie di peperoni con salsa tonnata, agnolotti da sogno, coniglio al forno, panna cotta indimenticabile, piccola pasticceria eccellente come tutto il resto. 70-80 euro senza rimpianti.” E vi lascio volentieri i formaggi d’alpeggi. A patto che mi diciate la verità: anche a voi è venuta l’acquolina in bocca e non vedete l’ora di sedervi a tavola. Con un buon vinello. Scelgo il teroldego granato. Che non mi sbaglio. Magari di Foradori.