Adesso gli juventini che amano il bel giuoco del calcio e si sono lasciati incantare dalle sirene di Ulisse o dalle nenie di quel clown vestito da festa che è Lele Adani, saranno contenti: la loro Signora ha finalmente giuocato, come avrebbe detto il Pregiudicato d’Arcore, una buona partita di folber, senz’altro una delle migliori da quando è sbarcato a Torino il timido e spaesato Marx Sarri (nella foto con barca lunga). Il quale non c’è verso che si stacchi mai da quell’insopportabile mozzicone di sigaretta che addenta e maltratta sull’angolo della bocca come io mastico amar(issim)o dal giorno in cui Nedved e Paratici, completamente fuori, hanno messo alla porta Max Allegri che non la pensava più come loro e giustamente non ne condivideva da tempo soprattutto le strategie di mercato. O almeno, finché è rimasto in campo uno straordinario Bentancur, il migliore con Dybala nei primi 40 minuti, i campioni d’Italia hanno messo in serio imbarazzo una Lazio che da un paio di mesi attraversa un magnifico periodo di forma (sette successi consecutivi) e non vincerà anche il campionato soltanto perché l’ha scritto oggi Gianni Mura. Non c’è verso infatti che la prima firma sportiva di Repubblica indovini un pronostico ormai dal secolo scorso. Che poi la Juve abbia pure perso (3-1) per la prima volta nella stagione, e non sia più l’unica squadra imbattuta d’Europa, questo è solo un piccolo dettaglio soprattutto per il gobbo che è un esteta kantiano del mondo del calcio e non giudica un allenatore dal numero degli scudetti conquistati o persi. E per questo continua ad adorare Sarri, non riusciva a sopportare il Conte Antonio e non poteva più vedere Acciuga. Il sottoscritto, invece, che è un bianconero fuori dal coro e un buon amico (fedele) di Giampiero Boniperti, penso che non sia bello ciò che piace, ma che sia bello solo vincere. Della qual cosa non mi stufo mai. Nemmeno dopo otto trionfi di seguito. Anche perché so benissimo come va poi a finire quando la Juve perde: oltre a far felice Mamma Rosa e Sky, trequarti d’Italia e il partito più forte del Belpaese, quello cioè che unisce persino i salvinisti alla sardine nel disprezzo totale per la Signora, ecco che si scatena la bestia che è in loro e che trova sempre un robusto sostegno persino dalla stampa nazional-popolare. Alla quale non par vero di sparare titoli esagerati: “Tonfo Juve” (La Gazzetta). O di scrivere (La Repubblica): “Juve affondata da una Lazio che ha squarciato la sua corazza di club potente e invincibile”. In verità le cose non sono andate proprio così e come me, difatti, la pensa straordinariamente Mario Sconcerti: “Non è stata una partita netta come il risultato. La Juve ha giocato un bel primo tempo, la Lazio era timida perché soffocata dal gioco di prima dell’avversario. A far girare la sabbia è stata l’espulsione di Cuadrado a metà della ripresa”. E bravo Sconcertino: chi l’avrebbe mai detto? O forse è sta la sua sconfinata ammirazione per il calcio spettacolo di Sarri a spingerlo addirittura a difendere una Juve che, dopo l’uscita di scena di Bentancur e prima della pregevole rete di Milinkovic Savic, pur giocando già in dieci per l’inconsistenza assoluta di Emre Can, ha avuto ugualmente una grossa opportunità per passare di nuovo in vantaggio con Dybala che ha sparato addosso a Strakosha? Mi va di sposare la seconda ipotesi. E comunque, Sarri o non Sarri, non è questo il problema. Il problema sono piuttosto Nedved e Paratici che hanno delegittimato in tutti i modi Allegri costruendo una Juve sbagliata intorno a un Ronaldo che ieri ha fatto notizia perché è tornato al gol su azione dal 19 ottobre (Juve-Bologna 2-1) o perché ha indovinato un dribbling dopo mesi e mesi di palle perse quando invece da un fenomeno che costa quasi un milione e tre a partita ci si aspetterebbe ben altro di una rete che avrebbe segnato anche un bambino con la gamba ingessata. E quindi da Andrea Agnelli mi aspetto per Natale, prima cioè che possano far altri danni (Rabiot, Buffon, Danilo e Ramsey) anche al mercato di gennaio e cedano magari Bentancur al Barcellona, che tolga il giocattolo dalle mani di quei due come promise il giorno in cui licenziò Allegri e lui non era d’accordo.