A Gigi Buffon, il numero 1, Giulia Zonca, stimata firma della Stampa, ha chiesto di tutto. Di Acciuga Allegri, di Carlo Tavecchio e di Ilaria D’Amico. Ma anche di Daniel Hackett. Ho invidiato i colleghi del basket, ha risposto: noi non potremmo scrivere contro chi non rispetta il gruppo. Neanche contro Balotelli? Nemmeno. Le reazioni sarebbero eccessive. Verissimo, ma neanche a lui evidentemente l’hanno raccontata giusta. Del resto, quando è accaduto il fatto, ossia lo scandalo dell’estate della nostra pallacanestro, Buffon era con la D’Amico nell’azzurro mare di Grecia, al largo dell’isola di Skopelos, su una barca di 26 metri il cui noleggio settimanale aveva un costo minimo di 40 mila euro (più gli extra) e quindi non penso che Gigi con Ilaria avessero tempo da perdere per correre dietro pure a queste cosucce. Anche se il gran rifiuto è costato al mio Celestino V, bene che gli vada, un bel gruzzolo: almeno un 300 mila euro di decurtazione dal contratto di 700 mila che ha pure rischiato che Milano glielo stracciasse. “Non ci sono segreti sulla mia relazione: i paparazzi sono il prezzo da pagare, ma non ho vissuto invasioni barbariche. E per fortuna i miei figli sono ancora troppo piccoli per leggere i giornali scandalistici”, ha confessato Buffon parlando anche della sua vita privata. Ora, se ha solo tre minuti, gli potrei anche svelare come sono andate realmente le cose e non proprio come le hanno raccontate Giannino Petrucci e la Gazzetta dello sport, ma preferisco utilizzare il poco tempo che ho a disposizione per convincere Buffon che hanno sbagliato i sedici azzurri a scrivere quella letteraccia, se l’hanno scritta loro, contro un compagno di nazionale dopo che il disertore era già finito davanti al plotone di esecuzione e a mani giunte, inginocchiato, chiedeva perdono. Vile, tu uccidi un uomo morto, un giorno di quasi cinque secoli fa disse il mercante Francesco Ferrucci a Maramaldo. Ecco, caro Gigi, immaginati una scena del genere e adesso ripetimi: ho invidiato i colleghi del basket. Conoscendoti dal giorno del tuo debutto in serie A al Tardini (Parma-Milan 0-0) sono infatti sicuro che non diresti più una frase del genere e anzi, da gentiluomo quale sei, ora domanderesti scusa a Hackett. Il quale però adesso deve ascoltare me e non soltanto il suo manager, Mario Scotti, che lo avrebbe anche potuto accompagnare al raduno di Trieste ben sapendo che al più illustre dei suoi protetti, quando salta la mosca al naso, va anche il fumo negli occhi e dice cose che nemmeno pensa. Sconti allora Daniel la sua squalifica sino a Pasqua e dopo tre mesi, cioè a Natale, non presenti la domanda di grazia a Giannino Petrucci. Al quale non parrebbe vero di concedergliela per mostrarsi buono e generoso davanti al mondo intero. Tanto più che il bello ha ancora da venire. Giorno verrà infatti che la nazionale, se vorrà andare alle Olimpiadi di Rio, avrà bisogno di Hackett come del pane e gli chiederà di tornare all’ovile. Nel qual caso sarai tu a decidere cosa fare. E non Gentile o Datome. E, se accetti un altro buon consiglio, da padre a figlio: indossa di nuovo la maglia azzurra di cui andare sempre e comunque fiero. Non te ne pentirai.