Con la T-shirt viola, la pancia e il codino, e una straripante simpatia, Miguel Angel Jimenez ha vinto l’Open di Spagna per la prima volta in vita sua. A cinquant’anni, dopo averci provato invano altre 28 volte. Su un campo difficilissimo come quello del resort di Girona, in Catalogna, complicato da un vento molto bizzarro e da green più cattivi del lupo. Dove la pallina saltava per conto proprio come sulle gobbe di un cammello e non ne voleva sapere di rotolare allegramente in buca. Difatti il nostro Chicco ha finito per non capirci quasi più niente, soprattutto ora che si è abituato a pattare in America, e così nel weekend in Costa Brava ha peggiorato di brutto il suo score e la sua classifica: solo 24esimo, da quarto che era venerdì al tramonto, con due anonimi 75 tra sabato e domenica. Però è anche vero che appena in undici giocatori sono riusciti alla fin fine a giocare complessivamente sotto il par del campo come può succedere ad Augusta o in Florida e qualche volta, ma molto più raramente, sulle sponde del mare di Scozia. Ho tifato per il grande andaluso e per la sua maglietta viola. Così non diranno più che porta nera agli artisti. E lui senz’altro lo è: un artista del golf e soprattutto degli approcci dal rough a due passi dal green. Come l’ultimo che ha dipinto nella prima buca di spareggio dei playoff con il belga Thomas Pieters, un ragazzino o poco più, tutto riccioli e un bel drive, e con Richard Green, l’australiano che con un nome così non poteva che per mestiere scegliere questo. Jimenez infatti ha messo col wedge una pallina giusto lì, ad una spanna dalla buca, come non avrebbe potuto far meglio neanche un campione di bocce. Mentre Green, tutto di nero vestito come un All Blacks, è andato a due metri dalla bandiera e ha poi sbavato il putt. E la stessa sorte, centimetro più centimetro meno, è toccata a Pieters che non ha neanche vissuto la metà delle primavere del meraviglioso Miguel Angel che fuma il sigaro e piace da impazzire alle donne. No, non ha tremato la giovane mano, però la pallina gli ha fatto uno di quegli scherzi che il ventitreenne fiammingo non dimenticherà per il resto dei suoi anni. Tu chiamalo se vuoi scherzo da prete o scherzo da villano, fatto sta che la butterata ha spudoratamente disegnato intorno alla buca un bel ferro di cavallo ma è rimasta sull’erba. Anzi proprio sull’orlo della buca e non è precipitata. Anche se avrebbe potuto cascarci dentro col solo soffio di un bimbo che spegne la sua prima candelina sulla torta.